Foto ANSA
in Venezuela
Tra Oslo e Caracas, la diretta venezuelana (con regia americana)
Tra Trump e Maduro è sempre più escalation, mentre il regime incassa la vicinanza di Russia, Colombia e Brasile. Machado: “Abbiamo bisogno che le democrazie mondiali sostengano i venezuelani”
Arrivata a Oslo dopo un viaggio avventuroso di novemila chilometri in cui, travestita, ha dovuto passare dieci posti di blocco da Caracas alla costa e poi arrivare a Curaçao di notte su una barca di pescatori in legno, María Corina Machado non è riuscita a partecipare alla cerimonia del Nobel, in cui il discorso che aveva mandato è stato letto dalla figlia. Dopo aver riabbracciato i familiari, ha fatto una conferenza stampa in cui, pur spiegando di non essere a conoscenza dei piani di Donald Trump per il Venezuela, ha confermato di aver ricevuto il sostegno americano per il viaggio. Si è poi saputo che si chiama Bryan Stern il veterano di guerra statunitense la cui ong Grey Bull Rescue ha gestito l’operazione definita “Golden Dynamite” (perché Nobel aveva inventato la dinamite). “La violenza che abbiamo visto da Maduro nei confronti dei venezuelani è stata denunciata come terrorismo di stato dalle organizzazioni internazionali”, ha aggiunto Machado quando le è stato chiesto della sua posizione sulle misure adottate da Trump. Alla domanda su un possibile intervento militare nel suo paese, ha ricordato che la società venezuelana ha dato tutto per una transizione ordinata e pacifica. “Chi ha fatto la guerra è il regime di Nicolás Maduro”, con l’aiuto di partner come Cuba, Russia, Iran, Hamas e Hezbollah. “Proprio come il regime fa affidamento sui regimi di tutto il mondo, abbiamo bisogno che le democrazie mondiali sostengano i venezuelani”. Machado è stata poi ricevuta in udienza ufficiale al Palazzo reale di Oslo e e ha inaugurato una mostra a lei dedicata, intitolata “Democrazia sull’orlo del baratro”.
Intanto, tra Trump e Maduro è sempre più escalation. “Abbiamo avuto 11.888 assassini entrati nel nostro paese, molti dei quali provenienti dal Venezuela... il traffico di droga via mare è diminuito del 92 per cento. e inizieremo a ridurlo anche via terra”, ha detto il presidente americano a un gruppo di giornalisti. Nel frattempo, la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha confermato che la petroliera Skipper sequestrata sarà portata in un porto statunitense e che il petrolio a bordo, pari a 1,9 milioni di barili, verrà messo sotto sequestro, pur sottolineando che verrà rispettato il giusto processo. E così è iniziata una nuova strategia di pressione che colpisce ciò che resta della più importante fonte di reddito del Venezuela. Parallelamente alle azioni militari, gli Stati Uniti hanno annunciato nuove sanzioni economiche. Tra i colpiti figurano Franqui Flores, Carlos Flores ed Efraín Campo, nipoti di Maduro, nonché l'imprenditore panamense Ramón Carretero, sei società e sei navi battenti bandiera venezuelana, tutti accusati di aver favorito il trasporto e la vendita di petrolio venezuelano attraverso reti associate al regime di Maduro.
Denunciando l’atto di “pirateria internazionale” e il “furto palese” – e che l’equipaggio della nave è “scomparso” – il regime di Caracas ha annunciato che porterà la questione dinanzi agli organismi internazionali. Però la Skipper batteva bandiera della Guyana, che con Maduro è ai ferri corti per le sue rivendicazioni territoriali su oltre metà del territorio nazionale, e che pure mercoledì aveva annunciato la firma di un accordo con gli Stati Uniti per espandere la cooperazione militare. A quanto pare, la Skipper non era registrata nel paese. La Guyana ha dunque denunciato questo “uso non autorizzato della bandiera” come “inaccettabile”.
Anche Vladimir Putin ha contattato Maduro per riaffermare il sostegno della Russia al regime venezuelano e per rafforzare la cooperazione economica ed energetica. Ma il ministro degli Esteri colombiano, Rosa Villavicencio, ha dichiarato in un’intervista che il suo paese sarebbe disposto a offrire asilo o protezione a Maduro, se necessario, sebbene ritenga più probabile che il presidente cerchi rifugio in una destinazione più lontana. Questa posizione è stata preceduta da una dichiarazione del presidente colombiano Gustavo Petro, che ha proposto un’amnistia generale e un governo di transizione inclusivo, respingendo qualsiasi intervento militare straniero in Venezuela. Anche il presidente brasiliano Lula ha fatto sapere di aver parlato con Maduro per telefono: è la prima presa di contatto tra i due dopo un anno, e dopo il grave scontro che si era avuto per il rifiuto del Brasile di riconoscere il risultato delle presidenziali venezuelane.