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L'analisi
Le risposte che l'Ue non ha ancora dato alla minaccia strategica di Trump
Con la Strategia di sicurezza nazionale l'Amministrazione americana chiede (o pretende) che l’Europa dia ancora maggior spazio alle proprie imprese sul mercato continentale. Per l'Unione europea, capire cosa voglia davvero essere è importante più che mai
La nuova Strategia di sicurezza nazionale dell’Amministrazione Trump, appena pubblicata, ha scatenato reazioni fortemente emotive, soprattutto da questa parte dell’Atlantico. A parte qualche “tocco di assurdità” – per usare le parole del Financial times – alcuni aspetti specifici del documento meritano una riflessione più attenta, in particolare per quel riguarda i rapporti economici tra gli Stati Uniti e l’Europa. Il documento contiene un richiamo forte all’Europa di “aprire i propri mercati ai beni e servizi americani, assicurando un trattamento equo ai lavoratori e alle imprese americane”.
La richiesta è interessante, quanto sorprendente, per vari motivi. Il primo è che l’Unione europea è già l’area economica più aperta al commercio internazionale. Il secondo è che, soprattutto nel settore dei servizi finanziari e della tecnologia, il mercato europeo è attualmente dominato da attori americani, che in alcuni casi hanno una posizione monopolistica. Si pensi, ad esempio, al sistema di pagamento basato sulle carte di credito, con due attori americani dominanti, che hanno accesso alle informazioni di milioni di cittadini europei. Il terzo motivo è che la richiesta di apertura all’Europa avviene proprio mentre l’Amministrazione americana ha innalzato una serie di barriere commerciali senza precedenti nei confronti del resto del mondo, Europa inclusa.
Il documento riflette le rimostranze delle grandi aziende americane nei confronti della regolamentazione del mercato interno europeo, che talvolta pone ostacoli alle loro strategie di penetrazione e di predominio commerciale. Ogni multa emessa dalle autorità europee nei confronti delle grandi imprese statunitensi, per abuso di mercato o per evasione fiscale, desta una immediata reazione sui social media, non solo da parte delle aziende stesse ma anche dalla Casa Bianca. Ogni regolamentazione mirata a salvaguardare le regole di mercato, la tutela dei consumatori o della privacy viene considerata una offesa nei confronti degli interessi americani.
Un altro aspetto interessante del documento è il riconoscimento esplicito che le istituzioni finanziarie americane sono i “pilastri dell’influenza americana e offrono ai responsabili politici il potere e gli strumenti per promuovere le priorità della sicurezza nazionale degli Stati Uniti”. Queste istituzioni finanziarie – dalle banche ai gestori di risparmio, dai fondi privati alle agenzie di rating – già dispongono di posizioni dominanti sul mercato europeo e non esitano a usare tale posizione per influenzare l’economia e la politica del continente.
Questo ruolo è diventato sempre più palese, come mostra la partecipazione di importanti fondi di investimento americano al tavolo dei negoziati di pace in Ucraina, molti dei quali gestiscono peraltro risparmi europei. In sintesi, l’Amministrazione americana chiede, o pretende, che l’Europa dia ancora maggior spazio alle proprie imprese sul mercato continentale. D’altra parte, lo stesso documento ricorda che, lasciata a sé stessa, l’economia europea non potrebbe che proseguire il proprio declino: “L’ Europa continentale ha perso una quota del pil globale — dal 25 per cento nel 1990 al 14 percento oggi — in parte a causa di regolamenti nazionali e transnazionali che ostacolano la creatività e l’operosità”. Peccato che lo stesso documento si sia dimenticato di menzionare che gli Stati Uniti hanno registrato una evoluzione non molto diversa, nonostante il debito pubblico sia più che raddoppiato in quel periodo. In base ai dati del Fondo monetario internazionale, la quota americana del Prodotto globale (misurato in parità di potere d’acquisto) è sceso intorno al 15 per cento. Europa e America sono oramai superate dalla Cina.
Per competere con le aziende cinesi, quelle americane devono poter conquistare mercati sempre più ampi e disponibili. Il mercato europeo è sicuramente quello più appetibile, se non ci fosse l’ostacolo delle istituzioni comunitarie. Un ostacolo che, secondo l’Amministrazione Trump, può essere abbattuto, vista la difficoltà europea di fare un fronte esterno comune.
D’altra parte, basta consultare il sito dell’Unione europea, per ricordarsi che “in politica estera, l’organo decisionale supremo dell’Ue è il Consiglio europeo, che riunisce i capi di Stato e di governo dei paesi membri. La maggior parte delle decisioni in materia di politica estera e di sicurezza richiede l’accordo di tutti i paesi dell’Ue”. L’Europa non conta fin quando i paesi membri non si mettono d’accordo. Ma ciascuno di loro, preso individualmente, conta ancora di meno. La questione non è dunque con chi stare, ma chi essere.