Ansa
la cerimonia
Machado, il Nobel e quella canzone per cacciare Maduro
La leader dell'opposizione venezuelana è in latitanza dall'agosto del 2024, a ritirare il premio e a leggere il testo che ha inviato, è andata sua figlia, Ana Corina Sosa. Nel discorso è stata ricordata la storia del Venezuela e il valore della libertà
Non ce l’ha fatta María Corina Machado ad arrivare in tempo a Oslo per la cerimonia del conferimento del Premio Nobel per la Pace. Ha però fatto sapere di essere riuscita comunque a imbarcarsi su un volo, ed ha mandato un discorso che è stato letto dalla figlia, Ana Corina Sosa Machado, e che ha ritirato diploma e medaglia. La leader dell’opposizione venezuelana è in latitanza dall’agosto del 2024, dopo che il regime di Nicolás Maduro ha intensificato i mandati di arresto contro i membri del suo movimento politico. Nel discorso Machado ha ricordato la storia del Venezuela, che nel 1811 ebbe la prima Costituzione repubblicana del mondo ispanico. Dopo un passato di libertà e prosperità in cui aveva plasmato la fusione di popoli e culture e aveva offerto rifugio a “migranti ed esuli da ogni angolo del mondo”, il paese è poi diventato un terribile esempio di cosa può avvenire anche nella “democrazia più forte”, “quando i suoi cittadini dimenticano che la libertà non è qualcosa che dovremmo aspettare, ma qualcosa che dobbiamo realizzare”. Prima di lei, il presidente del Comitato Nobel Jørgen Watne Frydnes aveva fatto un altro durissimo discorso in cui aveva ricordato come “i regimi autoritari imparano gli uni dagli altri. Condividono tecnologie e sistemi di propaganda”. “Dietro Maduro ci sono Cuba, Russia, Iran, Cina ed Hezbollah, che forniscono armi, sistemi di sorveglianza e mezzi di sopravvivenza economica. Rendono il regime più robusto e più brutale”. Rispondendo alle critiche su questo Nobel, ha lamentato il fatto che la comunità internazionale abbia spesso voltato le spalle ai venezuelani che lottano per la democrazia, in nome di “vecchie narrazioni” che vedono in Maduro un campione della lotta all’imperialismo. Un “tradimento morale nei confronti di coloro che vivono effettivamente sotto questo regime brutale”. La tragedia venezuelana è stata peraltro inserita da Frydnes in un contesto globale di arretramento democratico. “I regimi autoritari stanno guadagnando terreno”, ha avvertito, sottolineando che nel 2024 si sono tenute più elezioni che mai, ma sempre meno sono libere ed eque”. Fryednes ha dunque esortato Maduro ad “accettare i risultati delle elezioni e a dimettersi”, gettando così le basi per una “transizione pacifica verso la democrazia”. All’inizio della cerimonia il cantante Danny Ocean, famoso per la hit del 2016 “Me Rehúso”, si era esibito in una sua reintepretazione di “Alma llanera”: una famosa canzone del 1914 al ritmo della danza tradizionale joropo, che in Venezuela è considerata come una sorta di secondo inno nazionale, e che è uso suonare alla fine di ogni riunione sociale o di partito. Da ciò viene però anche la prassi semi-scherzosa di suonarla quando si vuole chiedere agli ospiti di andarsene. Eseguita invece a Oslo quasi subito all’inizio della cerimonia, è sembrato quasi un ulteriore invito a Maduro a lasciare il prima possibile: il potere, e magari anche il paese.