La pace non si fa

Putin fa Putin e boccia qualsiasi compromesso per far finire la guerra in Ucraina

Micol Flammini

Non soltanto le pretese non cambiano, ma per il capo del Cremlino un accordo con Zelensky sarebbe “illegale”. La visita in Kirghizistan, la riunione con la Csto e l'attesa dell'arrivo di Witkoff per lavorare a un incontro con Trump

Fra l’ambasciata ucraina a Biškek, in Kirghizistan, e il palazzo del presidente Sadir Japarov, è stato tirato su un grande schermo led. Il motivo non è stato dichiarato ufficialmente, ma la deduzione è stata immediata: lo schermo serviva a nascondere la bandiera dell’Ucraina durante la visita del capo del Cremlino Vladimir Putin, arrivato in Kirghizistan per una visita di tre giorni per dimostrare la solida alleanza con il paese dell’Asia centrale. Mentre gli Stati Uniti, l’Europa e l’Ucraina si arrovellavano attorno ai due piani per mettere fine alla guerra, la Russia proseguiva con il suo programma: nessun cambiamento, l’influenza russa in Asia centrale rimane la priorità della settimana, così Putin è volato in Kirghizistan, ha organizzato una riunione della Csto (l'Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva) e la guerra contro l’Ucraina è andata avanti. Il tema degli accordi non era sufficientemente rilevante da modificare l’agenda del capo del Cremlino e infatti da Biškek ha concluso queste giornate drammatiche della diplomazia dicendo che o Kyiv cede quello che Mosca vuole, o Mosca se lo prenderà. Nessun compromesso, Vladimir Putin è pronto a mandare avanti il suo esercito, a dispetto delle dichiarazioni di Donald Trump che prosegue nel dire che un accordo è vicino. Il capo del Cremlino smentisce quello della Casa Bianca e la pratica non è nuova. Come non è nuova la posizione di Putin che fino a questo momento ha continuato a rifiutare ogni accordo. Ieri dal Kirghizistan ha risposto alle domande dei giornalisti: “Le Forze ucraine dovranno lasciare i territori attualmente occupati, e allora i combattimenti cesseranno. In caso contrario arriveremo con mezzi militari”. I territori occupati che Putin menziona non sono quelli presi dall’esercito russo, ma quelli ucraini difesi dall’esercito ucraino. 


Per Trump resta cruciale l’incontro fra Putin e Zelensky. In uno dei suoi ultimi post su Truth, il capo della Casa Bianca ha scritto che i due leader devono mettersi d’accordo e anche nei mesi scorsi aveva insistito per un vertice in cui venissero discusse le questioni più difficili. Putin non ha intenzione di incontrare Zelensky e non ritiene neppure di dover firmare un accordo che porti la sua firma: “Vogliamo firmare un accordo con l’Ucraina, ma è praticamente impossibile, legalmente impossibile… abbiamo bisogno che la decisione venga riconosciuta a livello internazionale”, ha detto il capo del Cremlino, per il quale la legge marziale che non ha permesso le elezioni nel paese rende la leadership di Zelensky illegittima. Putin calibra carezze a Trump e chiusure totali e si è fatto gioco delle paure degli europei: non vogliamo attaccarli, “se hanno bisogno lo mettiamo per iscritto”. Ha chiamato il piano “un buon piano”, ha negato la partecipazione russa alla sua stesura, ha detto che la Russia è pronta a firmare, ma bisogna prima discutere dei dettagli e questa discussione intende averla soltanto con gli americani. Proprio come ora ci si affanna a discutere della fattibilità di un accordo, settimane fa l’affanno girava attorno al possibile incontro fra Trump e Putin in Ungheria, nel paese europeo più schierato con la Russia e che finora ha osteggiato la solidarietà all’Ucraina nei consessi dell’Ue. Fu Trump a volere che l’incontro venisse rimandato perché i russi insistevano sulle stesse proposte per far finire la guerra, senza aprire a compromessi. A una ventina di giorni di distanza quelle stesse proposte sono finite nel piano in ventotto punti proposto dall’inviato speciale della Casa Bianca, Steve Witkoff. Putin vuole il vertice con Trump e vuole che sia a Budapest.  Anche per Trump la capitale dell’Ungheria è un buon posto, lo ha detto pubblicamente durante la visita di stato del primo ministro ungherese, Viktor Orbán, a Washington. 


La prossima settimana Witkoff andrà a Mosca, il Cremlino probabilmente lavorerà per organizzare il vertice fra Putin e Trump. Ancora una volta senza ucraini e senza europei. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)