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Editoriali

Il pasticcio europeo sui matrimoni omosessuali

Redazione

Non ci si può sostituire al legislatore. La sentenza della Corte si basa su princìpi fragili, che andrebbero sostituiti da una normativa europea di merito

Una coppia omosessuale di cittadini polacchi che aveva contratto matrimonio in Germania ha chiesto che lo stato civile polacco trascrivesse il matrimonio. Le autorità del paese, dove non è consentita l’unione tra persone dello stesso sesso, hanno rifiutato di farlo. La coppia si è appellata alla Corte europea, che ha sentenziato in loro favore, dichiarando che “uno stato membro ha l’obbligo di riconoscere un matrimonio tra due cittadini dell’Unione dello stesso sesso che è stato contratto in un altro stato membro in cui hanno esercitato la loro libertà di circolazione e di soggiorno”. Bene per la coppia, bene anche dal punto di vista di una concezione moderna dei rapporti umani, ma sul piano più strettamente giuridico questa sentenza mostra aspetti problematici.

Il diritto al quale si richiama la Corte nasce da una dichiarazione dei diritti che non ha il valore di una Costituzione e che è, come tutti i testi di questo tipo, costruita su princìpi tanto generali quanto generici. Infatti non contiene il diritto delle coppie omosessuali a veder riconosciuta la loro unione, tema che – come ricorda la sentenza – viene regolato dalle legislazioni nazionali. Il principio richiamato come base del diritto alla trascrizione del matrimonio è “il rispetto della vita privata e familiare”. C’è un evidente salto logico tra l’affermazione dell’obbligo di questo rispetto e la specifica questione del riconoscimento degli effetti di un matrimonio contratto in un altro stato. Il punto di diritto è sempre lo stesso. Lo si è visto, per esempio, nelle sentenze contro l’espulsione verso l’Albania di immigrati clandestini in Italia: il passaggio da princìpi generali a procedure giuridiche dovrebbe essere definito specificatamente da norme. Dedurle da princìpi generali conferisce a una corte di giustizia una specie di supplenza in campo legislativo, il che confligge con la più elementare delle norme sulla distinzione dei poteri. Anche chi concorda con le conseguenze della sentenza in esame non può esimersi dal considerare la fragilità delle basi su cui poggia, basi che dovrebbero essere sostituite da una normativa europea di merito.

 

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