Andriy Yermak (a sinistra) e Marco Rubio (a destra) a Ginevra (Ansa)

europa ore 7

L'Europa riscrive il piano di pace per l'Ucraina. Gli Stati Uniti aprono alle modifiche

David Carretta

Washington e Kyiv definiscono i colloqui di pace di Ginevra "molto produttivi" e concordano di continuare il loro "intenso" lavoro. L'Ue presenta un piano a 24 punti alternativo ai 28 di Witkoff-Dmitriev: no a cessioni territoriali, nessun limite all’esercito ucraino e uso degli attivi russi congelati

Per la quarta volta da quando Donald Trump è tornato alla Casa Bianca, i leader europei sono costretti a improvvisare una strategia per cercare di contenere la volontà del presidente americano di imporre un accordo di pace che equivale a una capitolazione per l'Ucraina. Tenuti all'oscuro dei 28 punti preparati da Steve Wiktkoff e Kirill Dmitriev, colti di sorpresa dalla fretta di Trump, nel fine settimana gli europei hanno espresso il loro sostegno a Volodymyr Zelensky e hanno iniziato a riscrivere il piano russo-americano, nella speranza che Trump accetti di modificarlo, spostando l'ultimatum che ha fissato a giovedì 27 novembre per un accordo. Altrimenti, gli europei si troveranno di fronte a un dilemma altrettanto drammatico di quello a cui deve rispondere Zelensky: sono pronti a sostenere l'Ucraina senza gli Stati Uniti per permettere a Kyiv di rifiutare la capitolazione?
  
L'Ucraina è di fronte a “uno dei momenti più difficili della nostra storia", ha detto Zelensky. Venerdì in un discorso alla nazione, dopo aver ricevuto il piano in 28 punti e l'ultimatum di Trump. Dopo essersi consultato con Emmanuel Macron, Friedrich Merz e Keir Starmer, il presidente ucraino ha scelto di giocare insieme a loro al gioco di Trump: negoziare per ottenere un piano migliore di quello che è stato redatto dall'inviato speciale americano, Steve Witkoff, e dall'emissario del Cremlino, Kirill Dmitriev. Ieri si sono tenuti una serie di incontri a Ginevra tra una delegazione ucraina, i consiglieri per la sicurezza di Francia, Germania e Regno Unito, il segretario di stato americano, Marco Rubio, e Witkoff. "Penso che probabilmente abbiamo avuto la riunione più produttiva e significativa finora in tutto questo processo", ha detto Marco Rubio dopo gli incontri di Ginevra, aggiungendo che "l'ultima parola" spetterà a Trump e Zelensky. "Posso confermare che abbiamo fatto dei veri progressi e che stiamo procedendo verso la pace giusta e duratura che il popolo ucraino merita e desidera profondamente", ha detto il consigliere di Zelensky,  Andrii Yermak.
  
In una serie di incontri a margine del G20 in Sud Africa gli alleati europei dell'Ucraina hanno fissato le loro condizioni per accettare il piano. Le due principali sono il congelamento della linea del fronte attuale, senza che l'Ucraina sia costretta a cedere la parte del Donbass che ancora controlla, e nessun limite alle dimensioni dell'esercito ucraino, contro il tetto di 600 mila soldati previsto dai 28 punti del duo Witkoff-Dmitriev. Gli europei si oppongono al riconoscimento di fatto o di diritto delle conquiste territoriali della Russia e chiedono una garanzia di sicurezza analoga all'articolo 5 della Nato da parte degli Stati Uniti, e non semplici rassicurazioni di sicurezza. Infine, gli attivi sovrani della Russia immobilizzati dalle sanzioni devono rimanere congelati fino a quando la Russia non ripagherà i danni di guerra. Altrimenti dovranno essere utilizzati per la ricostruzione dell'Ucraina, e non per progetti portati avanti dagli Stati Uniti o per tornare a riempire le casse dell'aggressore russo. Gli attivi russi sono la principale “carta” che hanno in mano gli europei. Che sia per influenzare i negoziati sul piano in 28 punti o per permettere a Zelensky di rifiutare la capitolazione.
  
Non è chiaro quanto gli europei siano in grado di convincere Trump. Il presidente americano ieri ha attaccato la leadership ucraina sostenendo che non ha mai espresso gratitudine, ma al contempo ha negato che il piano in 28 punti sia la sua ultima offerta. Gli europei hanno preparato un loro piano di 24 punti. Il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, che è stato il primo leader europeo a chiamare Trump, si è detto “scettico” sulla possibilità di trovare un accordo sul piano entro la scadenza del 27 novembre. "Il compito ora è rendere il piano (...) un documento valido", ha detto Merz, spiegando di voler trovare un accordo almeno su "quali garanzie di sicurezza possono essere fornite per assicurare realmente un eventuale accordo con la Russia". Una garanzia in stile articolo 5 della Nato o la presenza in Ucraina di truppe della coalizione europea dei volenterosi guidata da Francia e Regno Unito sarebbe inaccettabile per Vladimir Putin. Gli europei sperano che un “no” della Russia riporti Trump dalla parte dell'Ucraina. Altrimenti per loro sarà il momento delle scelte.
  
"L'Ucraina potrebbe affrontare una scelta difficilissima: o perdere la dignità o il rischio di perdere un alleato chiave”, ha detto Zelensky. Lo stesso dilemma si pone agli europei. Per loro è ancor più difficile perché non hanno utilizzato il tempo per prepararsi a fare da soli sull'Ucraina. A febbraio, dopo lo scontro tra Trump e Zelensky alla Casa Bianca, i leader europei erano riusciti a limitare i danni acconsentendo a tutto ciò che voleva o chiedeva il presidente americano. Hanno accettato il principio di un accordo di pace immediato, hanno dato il via libera all'obiettivo del 5 per cento di spesa per la difesa nella Nato e si sono piegati a un accordo sui dazi al 15 per cento. Ad agosto, quando Trump ha steso il tappeto rosso a Vladimir Putin in Alaska, sette leader europei sono volati a Washington per proteggere Zelensky da una pace ingiusta, promettendo di pagare per le armi comprate dagli Stati Uniti. A metà ottobre, quando è stato annunciato il summit a Budapest tra Trump e Putin, a seguito di una telefonata tra i due attorno a un altro piano preparato da Witkoff e Dmitriev, gli europei sono stati salvati dall'imperizia del ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, che fatto saltare il vertice, ribadendo il “no” a un cessate il fuoco senza capitolazione.
 
Ad ogni occasione, alla fine, si è tornati al punto di partenza: la “massima pressione” di Trump si concentra sull'Ucraina invece che sulla Russia, mentre compare un nuovo piano redatto da Witkoff e Dmitriev che contiene le richieste massimaliste di Putin, senza che nessuno in Europa sia stato coinvolto e nemmeno consultato. “Insieme ai leader di Europa, Canada e Giappone, abbiamo dichiarato la nostra disponibilità a lavorare al piano in 28 punti, nonostante alcune riserve. Tuttavia, prima di iniziare il nostro lavoro, sarebbe opportuno sapere con certezza chi è l'autore del piano e dove è stato elaborato”, ha ironizzato il premier polacco, Donald Tusk, facendo eco ai sospetti (corroborati da molti indizi) di un piano scritto in russo dai russi. Tuttavia l'ironia del “Donald europeo” non nasconde le difficoltà degli europei, che Trump considera senza “carte in mano”.
  

In effetti, in nove mesi, anziché prepararsi a fare da soli senza gli Stati Uniti, gli europei hanno speso tempo, risorse e onore per cercare di riportare Trump dalla loro parte. Ogni volta che ci sono riusciti, poi hanno immediatamente perso il senso di urgenza. Le difficoltà a concordare un prestito di riparazione per l'Ucraina da 140 miliardi di euro, finanziato con gli attivi sovrani russi congelati, dimostrano che non tutti i leader dell'Ue sono pronti a fare “tutto quanto è necessario”. Solo un gruppo di paesi – la Germania, i nordici e i baltici – si è fatto carico di gran parte del peso finanziario del sostegno all'Ucraina. La Francia ha i suoi problemi di bilancio. La Polonia è più concentrata sul rafforzamento della sua difesa di fronte alla minaccia russa che sull'aiuto all'Ucraina. Solo 13 paesi su 19 hanno deciso di usare Safe, lo strumento di prestito del piano di riarmo dell'Ue, a favore dell'Ucraina. La coalizione dei volenterosi è rimasta su carta. Lo scudo aereo per proteggere i cieli ucraini non si è mai concretizzato. "Tutto il tempo necessario" non è diventato "tutto quanto necessario". 

 

La minaccia di Trump di tagliare assistenza di intelligence e vendita di armi all'Ucraina potrebbe dare un colpo definitivo alla buona volontà degli europei. In molti sono convinti di non potercela fare da soli o contro il presidente americano. Tutti gli indicatori – pil, popolazione, tecnologia per produrre armi – dicono il contrario: l'Europa è molto più forte della Russia. L'uso degli attivi sovrani russi sarebbe un modo di dimostrare la determinazione degli europei. Quello che serve è volontà politica e coraggio di assumersi rischi. La posta in gioco non è solo la sicurezza dell'Europa, ma anche la sua dignità.

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