L'urgenza di un'Europa a testa alta
Zelensky riceve la bozza di Witkoff e vede varie strade senza finire con le spalle al muro
Il fattore K. sul caos del piano di pace e la scelta dell’Ucraina di continuare a negoziare con Trump. Ricostruzione
“Deve averglielo detto K.”, aveva scritto il tuttofare di Donald Trump, Steve Witkoff, sotto un tweet in cui il giornalista di Axios, Barak Ravid, annunciava la sua esclusiva sull’esistenza di un piano in ventotto punti in cui si chiede la capitolazione di Kyiv. Witkoff ha rapidamente cancellato la sua frase, ma non abbastanza in fretta da impedire che venisse colta dai rapidi screenshot di alcuni giornalisti. Il messaggio è la conferma che molti aspettavano, dopo aver trascorso la giornata di mercoledì a domandarsi se il tempismo dell’esclusiva di Axios facesse parte di un piano russo per far precipitare l’Ucraina nel panico. Il sospetto era che fosse stato il capo del Fondo russo per gli investimenti all’estero, Kirill Dmitriev, a mettere in giro la voce. Ed ecco che la “K.” nel messaggio di Witkoff sembra portare proprio all’uomo d’affari russo che con il tuttofare di Trump ha un ottimo rapporto. Il piano esiste, non è un’invenzione di Dmitriev, il funzionario russo probabilmente ha spinto affinché i dettagli uscissero prima che gli americani li comunicassero direttamente al presidente Zelensky.
Looks like Steve Witkoff tweeted what was meant to be a DM, saying the content for this much-discussed Axios story must have come from "K." Almost certainly this refers to Kirill Dmitriev, who is quoted in the story. But it seems the Russian side is leaking this for a reason.… pic.twitter.com/xuP2lV1FcZ
— Michael Weiss (@michaeldweiss) November 19, 2025
Sergiy Kyslytsya, viceministro degli Esteri ucraino, è stato uno dei primi funzionari di Kyiv di alto livello a commentare il piano a quattro mani scritto da Dmitriev e Witkoff. “Sto leggendo di alcuni ‘piani’ e mi vengono in mente due cose – scrive il diplomatico – il Gosplan, il Comitato di pianificazione statale dell’Urss, una fabbrica di piani irrealistici, e l’Ipsyop, Operazioni psicologiche dell’informazione, ovvero manipolazione pianificata delle informazioni per influenzare i pensieri e le emozioni delle persone”. Il piano è arrivato a Kyiv, l’ufficio del presidente, ha commentato in modo diplomatico: “Il presidente dell’Ucraina ha ricevuto ufficialmente dalla parte americana una bozza di piano che, secondo la valutazione americana, potrebbe contribuire a rinvigorire la diplomazia. Il presidente dell’Ucraina ha delineato i princìpi fondamentali che contano per il nostro popolo e, in seguito all’incontro odierno, le parti hanno concordato di lavorare sulle disposizioni del piano in modo da porre fine alla guerra in modo giusto”. Zelensky parlerà con il presidente americano Donald Trump. La risposta è calma e diplomatica, i media ucraini hanno detto che il piano contiene compromessi inaccettabili, come già era trapelato dalle indiscrezioni di mercoledì, ma la linea di Kyiv è di non trattare la bozza come se fosse un tentativo di mettere gli ucraini con le spalle al muro, approfittando della fragilità del presidente dopo lo scandalo sulla corruzione, ma come un punto di partenza. L’agitazione è d’obbligo dietro le quinte, anche perché Zelensky nota tutti i segnali di pressione che arrivano dai collaboratori di Trump. Non soltanto Witkoff, che da quando ha iniziato a occuparsi della guerra in Ucraina, prende appunti dal Cremlino e negozia partendo dalle necessità espresse da Vladimir Putin, ma anche il vicepresidente J. D. Vance ha ripreso a parlare e, durante un evento pubblico, ha spiegato che la posizione del presidente Trump è semplice: “Perché non smettete di uccidervi a vicenda e non iniziate a commerciare fra voi?”.
L’Amministrazione Trump ha fretta di mettere fine alla guerra in Ucraina, nonostante le ultime minacce al Cremlino, Washington non ha mai agito per minare le capacità militari di Mosca e anche le sanzioni sulle due compagnie petrolifere russe, Rosneft e Lukoil, che sarebbero dovute entrare in vigore oggi, sono state rimandate al 14 dicembre. Kyiv è in un momento di fragilità sia militare, per l’offensiva russa contro la città di Pokrovsk, che ancora non è caduta e i soldati ucraini continuano a difendere, sia, soprattutto, per gli scandali nel settore dell’energia che minano la fiducia in Zelensky e nelle istituzioni. L’Ucraina però non è inchiodata: a una pessima proposta che di fatto chiede la sua capitolazione può rispondere di “no”. Tra il continuare a combattere una guerra di resistenza con un esercito a pieno regime e accettare un accordo che chiede di dimezzare l’esercito e consegnare parte delle armi denudandosi in vista di una certa e prossima invasione, è ovvio che gli ucraini preferiscono continuare a difendersi, nonostante tutte le difficoltà. Il segretario di stato Marco Rubio ha chiamato la bozza “un elenco di possibili idee”, non un fatto compiuto da notificare a Zelensky.
Sono stati giorni di segnali contrastanti. Mentre si affastellavano le indiscrezioni sull’intesa scritta in segreto ai danni di Kyiv, il Pentagono mandava una delegazione a parlare di difesa; gli ucraini ottenevano dai britannici il via libera per usare i missili Atacms contro il territorio russo (autorizzazione che non è stata concessa senza il plauso americano); i tedeschi concludevano un accordo con gli americani per consegnare nuovi Patriot a Kyiv. Trump non chiederà mai la capitolazione di Putin, ma Zelensky non è nelle condizioni di dover cedere a Mosca tutto quello che vuole. È arrivata la versione ufficiale della Casa Bianca: “Trump lavora a un piano di pace accettabile per entrambe le parti”.