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Le trattative

L'Ue contro il piano Witkoff: senza Kyiv e Bruxelles la trattativa non inizia

David Carretta

“L’Ue ha un piano molto chiaro in due punti: primo, indebolire la Russia, secondo, sostenere l’Ucraina”, dice l'Alto rappresentante Kallas, minimizzando l’importanza del piano dell’inviato speciale di Trump. L'idea è chiara, ma la sua esecuzione un po' meno: i paesi europei non possono sostenere Zelensky da soli

Bruxelles. I ministri degli Esteri dell’Unione europea hanno minimizzato l’importanza del piano che l’inviato speciale di Trump, Steve Witkoff, ha preparato con il consigliere di Vladimir Putin, Kirill Dmitriev, per imporre all’Ucraina la capitolazione. “I ministri nella stanza sono stati solidi e abbastanza calmi. Lo abbiamo già visto prima: i piani di pace non possono funzionare senza gli ucraini e senza gli europei”, ha detto l’Alto rappresentante, Kaja Kallas. Prestito di riparazione da 140 miliardi, nuove sanzioni, caccia alla flotta di petroliere ombra: l’Ue deve “concentrarsi su quello che possiamo fare noi”, ha detto Kallas. Ma il senso d’urgenza manca, come dimostrano i ritardi sul prestito di riparazione. Il piano Witkoff-Dmitriev basterà a smuovere i leader dell’Ue?

 

Il piano in 28 punti per la capitolazione dell’Ucraina non è un accordo di pace, ma una replica delle richieste massimaliste di Putin per porre fine alla guerra. Secondo i media che lo hanno rivelato – Axios, Financial Times e New York Times – l’Ucraina dovrebbe cedere la parte del Donbas che la Russia non è riuscita a conquistare con le armi, i territori occupati dovrebbero essere riconosciuti come russi, l’esercito ucraino dovrebbe essere ridotto della metà. A Kyiv sarebbe vietato avere missili a lunga gittata, mentre i suoi alleati dovrebbero interrompere le forniture di armi. La presenza di una forza militare di dissuasione nell’ambito della coalizione dei volenterosi sarebbe esclusa. Le sanzioni contro la Russia dovrebbero essere cancellate. L’Ucraina dovrebbe abbandonare le inchieste per crimini di guerra contro i responsabili russi, riconoscere il russo come lingua di stato e reintrodurre lo status della Chiesa ortodossa russa.

 

Il presidente Volodymyr Zelensky ha definito queste richieste inaccettabili ogni volta che Putin è riuscito a convincere Trump a inserirle nei suoi piani per l’Ucraina. Le condizioni sono inaccettabili anche per gli europei, la cui sicurezza dipende dall’Ucraina. “Gli ucraini, che da oltre tre anni resistono eroicamente all’aggressione incondizionata della Russia, rifiuteranno sempre qualsiasi forma di capitolazione”, ha detto il ministro degli Esteri francese, Jean-Noël Barrot. “Non è la vittima che deve vedersi imporre delle restrizioni sulla sua capacità di difendersi, ma l’aggressore”, ha spiegato il suo omologo polacco, Radoslaw Sikorski. “Gli ucraini soffrono” per gli attacchi russi prima dell’inverno e vogliono la pace, ma “il prezzo non può essere cedere il paese”, ha aggiunto Kallas. Secondo l’italiano, Antonio Tajani, “la trattativa ancora non è iniziata” perché “non si può fare senza l’Ucraina e senza l’Europa”. E’ la linea ufficiale. E’ l’Ucraina che deve decidere quali sono le condizioni accettabili di una pace giusta e duratura.

 

L’Ue ha la sua parola da dire, perché gran parte delle sanzioni che colpiscono la Russia sono state decise dai ventisette e non possono essere revocate da un ordine esecutivo di Donald Trump. Kaja Kallas ha dato la sua interpretazione all’improvviso attivismo diplomatico di Witkoff e Dmitriev: le difficoltà sempre più serie in cui si trova la Russia sul piano economico. I russi “sono spaventati dal prestito di riparazione. Stanno arrivando al punto in cui stanno esaurendo i soldi. Vogliono mostrare che sono super forti, ma non è così”, ha detto l’Alto rappresentante. Questo dovrebbe spingere gli europei a “essere forti e fare più pressioni sulla Russia”, ha spiegato Kallas: “L’Ue ha un piano molto chiaro in due punti: primo, indebolire la Russia, secondo, sostenere l’Ucraina”.

 

Il piano può essere chiaro, ma la sua esecuzione lascia a desiderare. Dalla fine dell’estate la priorità è il prestito di riparazione da 140 miliardi di euro per evitare che l’Ucraina rimanga senza fondi alla fine di febbraio. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, hanno proposto in settembre di usare gli attivi sovrani russi congelati. Sono passati due mesi e mezzo e la proposta si è trasformata in una serie di opzioni alternative, allungando i tempi della discussione e dei negoziati tra i governi dell’Ue. Il lavoro sul ventesimo pacchetto di sanzioni non è ancora iniziato, malgrado la richiesta di diversi stati membri. Una maggioranza di paesi è pronta a modificare il regime sanzionatorio per colpire in modo più rapido le navi che fanno parte della flotta ombra russa, ma non c’è ancora l’unanimità necessaria a un accordo. Sullo sfondo rimane il grande interrogativo a cui nessuno vuole rispondere pubblicamente: l’Ue è in grado di sostenere l’Ucraina da sola, se gli Stati Uniti taglieranno le armi e l’intelligence per il rifiuto di Zelensky di capitolare? La questione è posta dal primo incontro fra Trump e Zelensky alla Casa Bianca del 28 febbraio. Nove mesi dopo la risposta è sempre la stessa: no.