I tabù dell'Ue su Kyiv

Le tre opzioni “drastiche” di von der Leyen per garantire il finanziamento all'Ucraina

David Carretta

La presidente della Commissione avverte che il tempo è finito, ma i Ventisette restano divisi su prestiti, sovvenzioni e uso degli attivi russi. Rischi finanziari, veti incrociati e timori di crisi bloccano un accordo sui 135 miliardi. Serve una decisione politica immediata

Bruxelles. La lettera di Ursula von der Leyen per illustrare le opzioni a disposizione dell’Unione europea per garantire il finanziamento all’Ucraina nel 2026 e 2027 non basterà a trovare un rapido accordo sui 140 miliardi di euro di cui il paese ha bisogno per sopravvivere finanziariamente e militarmente. Diversi stati membri chiedono alla presidente della Commissione di presentare anche le proposte legislative per ciascuna delle tre opzioni: un prestito di riparazione finanziato grazie agli attivi sovrani russi immobilizzati con le sanzioni; sovvenzioni bilaterali fornite dagli stati membri; o uno strumento di debito comune per fornire un prestito che Kyiv non sarà in grado di rimborsare. I documenti informali e le lettere rischiano di alimentare un dibattito senza fine, perché ciascun paese ha obiezioni su questa o quella opzione. A cominciare dal Belgio che, con gli attivi sovrani russi, rischia di dover pagare 185 miliardi alla Russia in caso di una decisione di giustizia avversa o mancato rinnovo delle sanzioni. La paura è che il Consiglio europeo di dicembre sia una ripetizione di quello di ottobre: un fallimento. Il tempo sta scadendo. L’Ucraina esaurirà i fondi alla fine di febbraio. La Commissione ha chiesto a Canada e  Norvegia di anticipare i loro aiuti finanziari per colmare il ritardo dell’Ue. Ma i leader europei devono prendere una decisione. L’options paper di von der Leyen li mette davanti a un dilemma: i ventisette sono costretti a scelte che saranno molto costose (decine di miliardi per i grandi paesi) e molto rischiose (nonostante la loro tradizionale avversione al rischio). 

 

L’avvertimento di von der Leyen è chiaro: “L’Europa non può permettersi la paralisi, né per esitazione né per la ricerca di soluzioni perfette o semplici che non esistono, perché ogni giorno che passa, l’urgenza e la gravità della sfida che l’Ucraina si trova ad affrontare aumentano”. Le tre opzioni “sono drastiche, sia nella loro struttura sia nelle loro implicazioni”, ha scritto la presidente della Commissione. “Non ci sono opzioni facili. Ma questo riflette sia la portata della sfida sia la natura storica delle responsabilità che l’Europa deve affrontare in questo momento critico per l’Ucraina”. Le necessità finanziarie aggiuntive dell’Ucraina sono stimate a 135,7 miliardi per i prossimi due anni, di cui 83,4 miliardi solo per la difesa e le armi. Gli aiuti finanziari dell’Ue questa volta devono essere forniti sotto forma di sovvenzioni, e non prestiti.

  

La prima opzione illustrata da von der Leyen è quella di un sostegno finanziario da parte degli stati membri sotto forma di contributi non rimborsabili all’Ue, che a sua volta li girerebbe all’Ucraina. Non ci sarebbero strumenti di debito comune, né garanzie aggiuntive da fornire, ma sarebbe una soluzione costosa nell’immediato per le casse nazionali. Se la guerra finisse nel 2026, servirebbero come minimo 90 miliardi di euro: tra lo 0,16 e lo 0,27 per cento del pil l’anno, che peserebbe su deficit e debito. Per l’Italia significherebbe sborsare circa 10 miliardi di euro nell’arco dei due anni. Se la guerra non dovesse finire, il conto potrebbe raddoppiare.

 

La seconda opzione prevede di usare il bilancio dell’Ue per indebitarsi sui mercati e fornire un prestito all’Ucraina, che dovrebbe essere ripagato solo quando Kyiv riceverà compensazioni dalla Russia per la guerra (una possibilità remota). Ma gli stati membri dovrebbero fornire garanzie vincolanti, incondizionate, irrevocabili e richiamabili in qualsiasi momento, nonché caricarsi il costo degli interessi. 

 

La terza opzione è il prestito di riparazione con l’utilizzo degli attivi sovrani russi immobilizzati. Secondo von der Leyen, è l’opzione meno costosa nell’immediato. La Commissione ha anche fatto diversi gesti a favore del Belgio, come la possibilità di utilizzare gli attivi russi congelati anche in altri paesi (25 miliardi). Gli stati membri dovrebbero fornire garanzie per almeno 185 miliardi di euro, se il Belgio fosse costretto a rimborsare gli attivi alla Russia, nonché coprire altri rischi residuali. La Commissione non esclude “potenziali effetti a catena, incluso per i mercati finanziari” se il prestito fosse “percepito” come una confisca degli attivi russi. Evitare una crisi finanziaria o rischi per la credibilità dell’euro, era una delle condizioni poste da paesi come l’Italia per dare il via libera al prestito di riparazione. Von der Leyen nella sua lettera ha dimenticato un altro tabù che andrà superato: superare l’unanimità sulle sanzioni, ma anche sulla creazione di strumenti finanziari innovativi per la sopravvivenza dell’Ucraina e la sicurezza dell’Europa.
 

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