notizie dalla guerra
L'Ucraina sventrata da Putin
La Russia attacca sempre più forte il territorio ucraino. I numeri dell’impunità
Nella notte tra il 18 e il 19 novembre, la Russia ha lanciato 476 droni e 48 missili (47 da crociera, uno balistico) contro l’Ucraina. La difesa aerea ucraina ha intercettato 442 droni, 34 missili da crociera Kh-101 e sette missili da crociera Kalibr. Ma gli altri sette missili e gli altri 34 droni che non sono stati fermati da una contraerea in sofferenza – a causa principalmente dei tentennamenti e dei ritardi degli alleati dell’Ucraina, cioè noi – hanno colpito 14 località, e i detriti dei velivoli abbattuti sono caduti su altre sei, uccidendo 25 civili e ferendone almeno 115.
Le vittime accertate sono per lo più a Ternopil, una città che sta a centinaia di chilometri dal fronte ed è più vicina al confine con la Polonia che a Kyiv (infatti i caccia polacchi si sono alzati in volo nella notte per via dell’attacco russo alle regioni più occidentali dell’Ucraina): sono stati colpiti i palazzi, in particolare uno, distrutto nella parte alta, come tanti altri edifici ucraini, che restano lì, come moncherini, con le macerie dei tinelli, delle cucine, delle camere da letto in bella vista, a mostrare la quotidianità sventrata degli ucraini. A Leopoli è stato colpito l’ufficio delle poste appena aperto, non ci sono state vittime, ma sono andati distrutti i circa 900 pacchi e lettere che dovevano essere spediti, altri pezzi di vita distrutti e non più recuperabili. I droni e i missili russi hanno colpito anche la martoriata Kharkiv e una centrale elettrica della Dtek, la principale compagnia elettrica privata del paese: la società non ha specificato in che regione è stata danneggiata la centrale, ma da ottobre le sue infrastrutture sono state colpite già cinque volte. La temperatura media in Ucraina la notte scorsa era di meno tre gradi.
Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha ripetuto di aver bisogno di armi per la difesa aerea, gli attacchi russi si sono intensificati e, secondo i dati delle Nazioni Unite, il numero dei morti tra i civili ucraini è aumentato del 27 per cento nell’ultimo anno – l’anno in cui è arrivato alla Casa Bianca Donald Trump, che ha aperto negoziati diretti (e inutili) con il presidente russo Vladimir Putin. L’analisi dei numeri fornisce elementi chiari, che smentiscono tutte le chiacchiere che si fanno sul negoziato, sulla fine della guerra, finanche sulla pace: la Russia attacca più di prima, l’Ucraina riesce a difendersi meno di prima. Che è come dire: Putin resta impunito, gli ucraini hanno meno armi per contrastare la furia russa. Nel frattempo gli europei, ai quali Trump ha delegato la gestione di una guerra che non considera sua (dice sempre che se fosse stato lui presidente, la guerra non sarebbe scoppiata; ma aveva anche detto che con lui la guerra si sarebbe risolta in due giorni), non riescono a mettersi d’accordo né sulle armi da spedire a Kyiv (la mobilitazione è lenta, gli acquisti dall’America anche) né sui soldi necessari a evitare il default dello stato ucraino, che resterà senza fondi a febbraio, quando inizierà il quinto anno della guerra unprovoked scatenata dai russi.
Fin dal primo dei quasi milletrecentosettanta giorni di aggressione russa, gli ucraini misurano la lentezza e l’indecisione degli alleati in vite perse, e per quanto si siano inventati un modo tutto nuovo – e più autonomo e indipendente – di difendersi dalla Russia e di colpire gli arsenali e le raffinerie russi, hanno bisogno della solidarietà occidentale per continuare a mantenere la propria indipendenza.
Ma gli europei sembrano più sensibili agli scandali di corruzione in Ucraina, alle elucubrazioni sulla tenuta della leadership di Zelensky e dei suoi consiglieri, ai chilometri di terreno persi dagli ucraini (che sono molto pochi se si considera che, come ha detto il ministero della Difesa britannica, i russi hanno perso un milione di uomini dal dicembre del 2022 a oggi a fronte dell’1,1 per cento di territorio ucraino conquistato) che alla propria inefficacia, per non parlare del fatto che, mentre noi centelliniamo armi e soldi, la catena di approvvigionamento iraniana, cinese e nordcoreana per la macchina bellica russa si rafforza sempre di più.