Foto Epa, via Ansa
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L'Onu approva la bozza americana per Gaza. I dettagli
Il piano, ritenuto ancora fragile e pieno di compromessi, punta a preservare la tregua e avviare la demilitarizzazione della Striscia. Nasce la Forza internazionale di stabilizzazione. Nel testo viene esplicitata anche la possibilità di un futuro stato palestinese
“Questa risoluzione contribuirà a promuovere la pace non solo in medio oriente, ma in tutto il mondo: è un momento di portata storica”, ha dichiarato ieri il presidente americano Donald Trump, architetto della bozza che ieri è stata approvata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite. Trump ha quindi ringraziato tutti i paesi che ne fanno parte: Francia, Regno Unito, Algeria, Danimarca, Grecia, Guyana, Corea del Sud, Pakistan, Panama, Sierra Leone, Slovenia e Somalia, per un totale di 13 voti favorevoli, incuso quello americano. Russia e Cina si sono astenute, sostenendo che “mancano garanzie e un percorso concerto verso i due stati”, ma non hanno posto il veto.
“Nonostante la strada sia ancora in salita, l’approvazione del piano americano per Gaza proposto ieri all’Onu è un ottimo segnale non solo per garantire il proseguimento del cessate il fuoco tra Israele e Hamas, ma anche per l’implementazione del processo di pacificazione regionale”, ha commentato al Foglio Ohad Merlin, corrispondente per gli affari mediorientali del Jerusalem Post e analista presso l’istituto di ricerca strategica Mind Israel. “Lo scopo principale della risoluzione proposta da Washington - spiega l’analista - era quello di puntare a stabilizzare un territorio devastato da anni di guerra, attraverso il dispiegamento di una forza internazionale volta, allo stesso tempo, a devitalizzare Hamas. Il testo è ancora molto vago, in quanto frutto di negoziati complessi, che dovranno essere digeriti, con non pochi compromessi, sia da parte di Israele che di Hamas. Ma è stato principalmente pensato con lo scopo di evitare il crollo della fragile tregua, in vigore dal 10 ottobre, con la prospettiva di entrare quanto prima – con il ritorno delle salme degli ultimi tre ostaggi ancora prigionieri nell’enclave – nella tanto attesa Fase 2, ovvero quella della demilitarizzazione di Hamas e della ricostruzione di Gaza”.
Per far questo, la risoluzione prevede la creazione di una Forza internazionale di stabilizzazione che collabori con Israele, Egitto e la polizia palestinese, appositamente addestrata per garantire la sicurezza ai confini, smilitarizzare la Striscia e proteggere i civili. Assieme alla formazione di un Consiglio per la pace che governerebbe l’enclave, temporaneamente, fino al 2027.
Nel testo viene esplicitata anche la possibilità di un futuro stato palestinese. Condizionata, però, da una riforma dell’Autorità nazionale palestinese: “una prospettiva che ha irritato fortemente il governo guidato da Benjamin Netanyahu, completamente sfiduciato, dai tempi degli Accordi di Olso, nei confronti dell’Anp, come, del resto, gran parte degli israeliani. Hamas, dal canto suo – che, leggendo il testo nella sua forma attuale, si percepisce come sconfitta - ha chiesto che la forza internazionale risponda esclusivamente alle Nazioni Unite, per non trasformarsi in una presenza percepita come occupante”.
Sono ancora molti gli aggiustamenti che andranno apportati, ma è stato cruciale che il testo sia stato approvato e che Russia e Cina non abbiano posto il veto anche se, come previsto, si sono astenute. Washington, del resto, aveva avvertito immediatamente che respingere questa proposta sarebbe equivalso a favorire Hamas e il ritorno della guerra, tanto che ha raccolto immediatamente l’appoggio dei paesi arabi e musulmani che guardano con fiducia verso gli Accordi di Abramo.
Per questo Merlin ha sottolineato il forte significato simbolico di questa risoluzione, specie alla luce della visita di oggi di Moḥammad bin Salmān, l’erede al trono saudita, in arrivo alla Casa Bianca proprio con lo scopo di implementare non solo gli Accordi di Abramo ma anche il corridoio Imec (India–Middle East–Europe Economic Corridor), con l’obbiettivo di rafforzare i già consolidati legami economici tra i paesi alleati agli Stati Uniti e, in questo modo, isolando sempre di più l’asse Mosca-Pechino che, non a caso, ieri si è astenuto.
Si attendono, dunque, gli esiti dell’incontro tra MBS e Donald Trump, per meglio comprendere l’impatto di questa visita, tanto attesa, su scala globale.