La fortezza britannica

Il governo inglese riforma le politiche d'immigrazione, tra mille polemiche (e un furbissimo Farage)

Paola Peduzzi

La ministra dell’Interno vara il pacchetto più rigido degli ultimi anni: permessi ridotti, rimpatri accelerati, visti sospesi. Scoppia la rivolta interna al Labour, mentre il leader di Reform Uk esulta: “Sembra quasi una di noi”

Per una volta il ritardo che si è accumulato ieri alla Camera dei Comuni britannici che ha posticipato il discorso della ministra dell’Interno, Shabana Mahmood, è stato preso come una buona notizia: il governo preferisce che i ministri parlino presto, soprattutto se devono fare annunci importanti come quello previsto sull’immigrazione, ma ieri no, ieri è stato uno di quei giorni in cui era meglio ridurre al minimo il dibattito in Parlamento. Tanto fuori dall’Aula si era già consumata una rivolta. Il governo di Keir Starmer, che è più claudicante che mai, ha deciso di mettere mano alla politica sull’immigrazione, con una stretta definita “alla danese” ma che è stata subito ribattezzata “alla Trump”.

   

Come prima cosa non ci sarà più lo status permanente di rifugiato: le richieste di asilo accettate saranno riviste ogni 30 mesi e se nel frattempo il paese d’origine dei richiedenti asilo sarà considerato sicuro (i criteri cambiano) questi dovranno essere rimandati a casa. La protezione per i rifugiati ora è garantita per cinque anni dopo i quali è possibile richiedere un permesso permanente e iniziare la procedura per la cittadinanza: secondo la nuova normativa i cinque anni diventeranno venti. Saranno anche modificati i termini per il sostegno finanziario e la concessione di un’abitazione, in particolare se sono presenti i requisiti per trovare un lavoro in modo autonomo e non dipendere più dai sussidi statali. Inoltre, la nuova politica prevede di mettere mano all’articolo 8 della Convenzione europea sui diritti umani che regola i ricongiungimenti familiari e all’articolo 3 che regola il trattamento degli immigrati che devono essere rimpatriati perché considerati pericolosi  (questo è l’aspetto più controverso dal punto di vista giuridico e molti dicono che non sarà possibile introdurre questa modifica). I visti per i cittadini di Angola, Namibia e Repubblica del Congo saranno sospesi fino a che i governi di questi paesi non mostreranno una maggiore collaborazione nei rimpatri, ma il governo vuole aprire nuove vie legali per accedere al Regno Unito in modo da scoraggiare l’arrivo clandestino sui “barchini” che attraversano la Manica e in modo da creare un accesso legale al paese che permetta di selezionare il tipo di immigrazione in arrivo, a favore di lavoratori con maggiori competenze.

  

Mahmood, che è figlia di immigrati pachistani, ha detto che proprio in rispetto della sua storia personale e di quella di molti come lei “l’immigrazione clandestina sta creando divisioni dentro al paese: il sistema è rotto e bisogna aggiustarlo”. La ministra è un’esponente del cosiddetto “Blue Labour”, l’ala centrista del partito al governo, e ieri è stata definita “crudele” da buona parte dell’ala più a sinistra, che pure si è  trovata in un certo imbarazzo a criticare la figlia di immigrati musulmana e una delle voci più forti nella difesa dei palestinesi. Sono giorni che si parla di rivolte dentro al Labour e Mahmood è anche finita nella lista dei cospirazionisti (che non ci sono al momento) nei confronti di Starmer, ma il subbuglio è sì determinato dal fatto che l’immigrazione è uno dei temi che più spaccano i partiti di sinistra (anche il modello danese è definito “controverso”), però il dibattito non sarebbe così incandescente se il partito anti immigrazione e nazionalista Reform Uk di Nigel Farage non fosse al momento primo nei sondaggi.

   

Come è accaduto in passato anche ai conservatori al potere, di fronte a un aumento costante di ingressi e di richieste di asilo, e di problemi di sicurezza nelle zone in cui ci sono i centri di prima accoglienza, la stretta diventa necessaria, ma la sua applicazione è difficile e sempre strumentalizzata politicamente. Anche ieri il commento più ricorrente a Mahmood era: un conto è levare a Farage il suo argomento principe un altro è fare come farebbe lui. E infatti lui, che è furbissimo, ha subito detto che il piano della laburista gli sembrava promettente: sembra quasi una sostenitrice di Reform Uk. 

 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi