Tra Tel Aviv e Berlino

“Il pacifismo è finito. Anche noi tedeschi ci siamo svegliati e ora Israele ci riarma”. Parla Henryk Broder

Giulio Meotti

La Germania si fa aiutare da Israele per tornare capace di difendersi. "Il pacifismo nel XXI secolo è uno stile di vita i cui costi sono sostenuti da altri. Si tratta più del desiderio di non sporcarsi le mani che dell’amore per la pace", dice il giornalista della Welt

Intervenendo alla Junge Union Deutschlands, l’ala giovanile del suo partito, la Cdu, il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha detto che Berlino deve “stare al fianco di Israele” come parte di una rinnovata “alleanza occidentale”. “La posizione della Repubblica federale di Germania deve essere chiara, la nostra posizione è nell’alleanza occidentale e al fianco di Israele, cari amici. Non l’ho dimenticato”. Il giorno dopo, Merz ha tolto il bando alla vendita di armi a Israele. Al  G7 di giugno, il cancelliere  fu contestato da un giornalista in merito al bombardamento di Teheran da parte di Israele. “Das ist die Drecksarbeit, die Israel macht, für uns alle”, rispose Merz, lanciando un’occhiataccia al suo intervistatore: “Israele sta facendo il lavoro sporco per tutti noi”. 


Mercoledì, il tribunale amministrativo di Berlino ha respinto due ricorsi per bloccare le esportazioni di armi tedesche verso Israele. La sicurezza della Germania ora dipende dallo stato degli ebrei, le stesse persone che un tempo cercava di annientare. Berlino elabora piani per costruire “l’esercito convenzionale più forte d’Europa” per affrontare la Russia. Merz investe nella Bundeswehr (le Forze armate tedesche), che un tempo faceva esercitare i soldati con manici di scopa invece che con le armi, approvando riforme che consentono una spesa per la difesa potenzialmente illimitata. Parlamentari del partito di Merz hanno dichiarato al Telegraph che la Germania è diventata “enormemente dipendente” dalla tecnologia di difesa israeliana. Settecento milioni di euro sono stati stanziati per i “droni kamikaze” prodotti dall’azienda israeliana Elbit. Altri cento milioni di euro sono stati stanziati per avere le munizioni israeliane da utilizzare nella flotta tedesca di droni Heron, prodotti dalla Israel Aerospace Industries. Di due miliardi di euro è la fornitura di missili anticarro israeliani Spike alla Bundeswehr. Nel settembre 2023, sotto la guida dell’allora cancelliere Olaf Scholz, la Germania firmò un accordo da quattro miliardi per l’acquisto del sistema di difesa aerea israeliano Arrow 3, in grado di distruggere missili balistici intercontinentali come gli Rs Sarmat russi. La profonda emozione che Merz prova per il senso di colpa della Germania per la guerra è emersa chiaramente in un recente discorso alla riapertura della sinagoga di Reichenbachstrasse a Monaco, devastata dal pogrom nazista del 1938. Mentre parlava dello “sterminio sistematico e industrializzato del popolo ebraico”, il cancelliere è scoppiato in lacrime. Per decenni, mentre la Germania puntava a “mai più la guerra”, Israele al “mai più indifesi”. Ora sembra che le due istanze convergano: difendersi dalla guerra.

 

 “L’esercito tedesco è stato per anni abbandonato a se stesso” dice al Foglio il giornalista della Welt Henryk Broder. “Per ben duemila anni, gli ebrei hanno fatto di tutto per coltivare la loro buona reputazione di ‘popolo del Libro’ e creatori del monoteismo. E cosa hanno ottenuto? Il passaggio gratuito a Dachau, Theresienstadt e Bergen-Belsen. Ora il tempo della politica pacifista è finito anche per noi tedeschi”. Ma anche definire un simile atteggiamento “pacifismo” sarebbe troppo. “Un tradimento nei confronti di persone come Carl von Ossietzky, che hanno dovuto pagare con la vita le proprie convinzioni. Il pacifismo nel XXI secolo è uno stile di vita i cui costi sono sostenuti da altri. Si tratta più del desiderio di non sporcarsi le mani che dell’amore per la pace. E’ un gioco a somma zero in cui i crimini di una parte vengono compensati con i peccati dell’altra. Più che pacifismo, è la sindrome Günter Grass. Volevamo gas economico dalla Russia, la protezione dagli Stati Uniti, esportare le nostre auto in Cina e investire miliardi nella politica climatica. Una megalomania e una bancarotta morale. Ora c’è la minaccia  russa: la guerra in Ucraina sta durando più della Seconda guerra mondiale. Si dice che saremo pronti in due anni: ma Putin aspetterà  per farci un favore? Temo che sacrificheremo l’Ucraina, ma gli ucraini non saranno gli ultimi nella lista di Putin. E ora chiediamo a Israele il loro Iron Dome. Le tragiche ironie della storia”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.