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Oltre il cordone sanitario
Tra Green deal e Omnibus I, lo sceriffo di Strasburgo è sempre il Ppe
Sulle regole ambientali von der Leyen tiene insieme la coalizione Ursula, ma su Omnibus I si affida ai patrioti e ai conservatori. Più che una svolta ideologica, è il segnale che a Bruxelles e Strasburgo il cordone sanitario contro la destra radicale è diventato opzionale
Il Ppe, sceriffo del Parlamento europeo senza il quale non c’è maggioranza e partito di Ursula von der Leyen, ha aperto a un’alleanza che va dal centrodestra alla destra radicale con i patrioti (Pfe) di Viktor Orbán e Marine Le Pen (e forse in futuro il premier slovacco Robert Fico) e i conservatori (Ecr) della presidente del consiglio Giorgia Meloni e dell’ex premier Mateusz Morawiecki. La prova è arrivata con il voto di giovedì sul pacchetto Omnibus I, passato grazie all’asse tra popolari, conservatori e radicali di destra: una maggioranza fotocopia dei governi di Roma e Helsinki, dove il Ppe locale governa già con la destra sovranista. La differenza è che a Bruxelles, finora, uno schema simile era tabù, specie su un pacchetto di provvedimenti legislativi.
Oggi i popolari sono l’ago della bilancia e possono guardare al centro oppure a destra, dove Ecr, Pfe e i sovranisti del gruppo Esn (in cui siede AfD) hanno circa un quarto dei seggi. Negli ultimi anni il Ppe ha scelto più volte il fronte della destra radicale: dal tentativo di affossare la Nature Restoration Law al logoramento della legge sulla deforestazione, fino alle forzature contro le Ong sgradite. Ma mai per far avanzare un pacchetto legislativo.
L'approvazione di Omnibus I non cancella le regole esistenti, ma restringe di molto la platea delle aziende coinvolte nella transizione climatica: gli obblighi di due diligence e rendicontazione si applicherebbero solo ai gruppi più grandi, rinviando il percorso più green per la maggioranza delle imprese europee. Poche ore prima del voto von der Leyen aveva esortato l’Europarlamento a non fare marcia indietro sulla decarbonizzazione, ricordando che “il lavoro per decarbonizzare va di pari passo con quello per la competitività”. Eppure la risoluzione è passata con 382 voti favorevoli e 249 contrari, ed è stata salutata entusiasticamente dai gruppi sovranisti, che l’hanno definita la prova che il cordon sanitaire non funziona più.
Il Ppe, un tempo pilastro dell’integrazione europea, ha dunque scelto una maggioranza alternativa con le forze sovraniste? Ufficialmente il partito di centrodestra nega patti o alleanze con gli euroscettici. Nel 2019 il premier polacco Donald Tusk, allora presidente del gruppo, escluse ogni tentativo di alleanza con la destra sovranista, e nel 2023 il vicepremier e membro del partito Antonio Tajani fu ancora più netto: “È impossibile fare qualsiasi accordo con Rassemblement National e AfD”. Ad aprile l’attuale leader dei popolari Manfred Weber aveva dichiarato che mai avrebbe collaborato con i “partiti estremisti”, tracciando una linea rossa per chi non rispecchia i suoi tre “pro”: Ucraina, stato di diritto, Europa. “Possiamo nominarli: Le Pen, AfD e così via. Non ci sarà mai una cooperazione strutturale con loro” disse. Nel frattempo von der Leyen, nel suo ultimo discorso sullo stato dell’Unione, rassicurava che non ci sarebbero state derive estremiste e rivendicava la grande coalizione pro Europa. Ma la pratica delle votazioni indica uno scivolamento verso l’abbraccio coi patrioti e porta I vertici del Ppe, che finora avevano sbarrato la strada a queste alleanze, sotto i riflettori. Ceci n’est pas un cordon sanitaire.
Nonostante ciò, l’idea di una maggioranza alternativa, solida e politicamente definita, resta per ora più una suggestione che una realtà. Le alchimie viste in questi anni – compresa la famosa “maggioranza Venezuela” – restano leggende da retroscena: per capire e leggere le differenti posizioni bisogna guardare ai dossier e alle specificità nazionali. E questo, il giovedì di Strasburgo, lo ha mostrato bene. Da un lato, nella stessa giornata, il Parlamento ha approvato l’obiettivo climatico del 2040, con un taglio del 90 per cento delle emissioni e una maggioranza ancora “Ursula” con Verdi, Renew e S&D. Dall’altro, ha approvato Omnibus I con un fronte spostato a destra. La realtà è che l’accordo su quest’ultimo pacchetto è cucito sugli interessi degli industriali più allergici alla regolazione. L’esito ha dunque poco a che vedere con una conversione anti–Green Deal e moltissimo con la pressione delle grandi compagnie, sia europee ma soprattutto americane, che chiedono da mesi di allentare la morsa degli obblighi climatici.
Che conclusione trarre? Che il Ppe resta il re della collina belga e che i trattati non prevedono elezioni anticipate. E fin dove vorranno spingersi i popolari nella costruzione della nuova maggioranza europea con la destra radicale? Nessuno lo sa, ma i più spaventati e ansiosi potranno già monitorarlo su osservatori dedicati, come il “Eu Far Right Tracker” di The good lobby.