La Cina ha ancora bisogno dei chip di Nvidia per la sua corsa all'AI
Il divieto di Pechino sull'utilizzo di semiconduttori di intelligenza artificiale non "made in China" è smentito dai fatti: la grave carenza di chip avanzati e il contrabbando da parte dei laboratori cinesi continua
Prima del vertice fra Donald Trump e Xi Jinping in Corea del sud si era parlato della possibilità di un allentamento da parte statunitense delle restrizioni sui chip Nvidia – dal 2022 Washington ha impedito alla Cina di acquistare i semiconduttori più avanzati, prodotti appunto da Nvidia, il primo chipmaker al mondo della Silicon Valley, per motivi di sicurezza nazionale. Era stato lo stesso ceo dell'azienda Jensen Huang a criticare le restrizioni sull'export, portando come esempio la quota di mercato di Nvidia in Cina, "crollata dal 95 per cento a zero": Pechino sta rapidamente aumentando la produzione di semiconduttori e ospita metà degli sviluppatori di intelligenza artificiale del mondo, aveva detto, per questo l'azienda dovrebbe essere autorizzata a esportare Blackwell – il chip di intelligenza artificiale di punta di Nvidia – in Cina, per competere con Huawei e contrastare i chip della Repubblica popolare. Poco dopo l'incontro però, Trump aveva detto alla Cbs che "Iasceremo he abbiano a che fare con Nvidia, ma non per quanto riguarda i (chip) più avanzati, non li lasceremo avere a nessuno tranne che agli Stati Uniti".
La Cina ha risposto con un divieto sull'utilizzo di chip di intelligenza artificiale non "made in China" nei data center finanziati dal governo, cercando di mandare il messaggio a Washington che Pechino non ha bisogno di semiconduttori stranieri nella sua corsa all'intelligenza artificiale. Alcuni dati smentiscono però questa versione: secondo il Wall Street Journal, che ha parlato con alcune fonti molto vicine alla questione, la Cina ha un problema di carenza di semiconduttori avanzati, per questo motivo DeepSeek ha dovuto ritardare il lancio del suo ultimo modello e gli sviluppatori e i laboratori AI cinesi continuano ad aggirare le sanzioni grazie al contrabbando di chip americani.
Secondo Erich Grunewald dell’Institute for AI Policy and Strategy, un think tank con sede a San Francisco, l’anno scorso i chip americani di contrabbando hanno rappresentato tra un decimo e la metà della capacità di addestramento di modelli di intelligenza artificiale in Cina. Sono stati documentati più metodi: in alcuni casi, i chip arrivano in Cina tramite intermediari, a volte in valigie trasportate da studenti pagati poche centinaia di euro. L'ultimo caso ricostruito sempre dal Wall Street Journal racconta l'elusione delle sanzioni da parte di un'azienda cinese in Indonesia in quattro passaggi: Nvidia vende chip a un partner commerciale in parte di proprietà cinese; Il partner trova un acquirente in Indonesia per i server con chip Nvidia; L'azienda indonesiana di cloud computing conquista un cliente cinese; Il cliente cinese punta a utilizzare i chip per l'intelligenza artificiale in ambito finanziario e sanitario. Secondo i documenti ufficiali dell'anno scorso, tra i principali acquirenti dei chip AI avanzati di Nvidia ci sarebbero anche la prestigiosa Università di Pechino Tsinghua e l’Accademia della ricerca statale, l’Accademia cinese delle scienze.
Per Nvidia "la Cina è indietro di nanosecondi rispetto all'America nell'intelligenza artificiale", ma ha ancora bisogno dei suoi chip per raggiungerla.
La grande eccezione tedesca