Ansa

La vera misura dell'occidente

Un anno senza Sansal. Steinmeier chiede il rilascio. Parla Bencheikh: “La vera libertà richiede coraggio”

Giulio Meotti

“Le coscienze si rifiutano di cedere all’opportunismo e alla paura”, ci dice il poeta e scrittore algerino, anima del comitato di sostegno che chiede la liberazione del suo connazionale imprigionato perché pensava liberamente e ha avuto l'audacia di scriverne

Un anno fa, Boualem Sansal è stato arrestato e imprigionato in Algeria. Da allora, un grande scrittore ha vissuto nell’ombra, isolato dal mondo, sorvegliato, messo a tacere. Non è stato arrestato per un crimine, perché non ce n’è uno. Non è stato processato, perché non c’è nulla da processare. E’ stato imprigionato per una ragione semplice ma terribile: pensava liberamente e ha avuto l’audacia di scriverne. E in un paese in cui le parole sono diventate sospette, la libertà di Sansal è diventata un atto di tradimento.

 

Unico caso fra i capi di stato europei, il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier due giorni fa ha chiesto al suo omologo algerino, Abdelmadjid Tebboune, di graziare lo scrittore e lasciare che parta per la Germania. Tutto tace dagli altri fronti. Tace anche il College de France, dove si organizzano convegni filo Hamas pagati dal Qatar dal titolo “La Palestina e l’Europa”, cancellato per l’intervento del governo. “L’arresto di  Sansal ci ricorda, con cruda brutalità, che la luce delle idee può essere confinata dietro i muri, ma mai spenta” dice al Foglio Kamel Bencheikh, poeta e scrittore algerino, anima del comitato di sostegno a Sansal e che ha curato il libro “Il est une fois Boualem Sansal” in uscita questa settimana. “Rivela la fragilità delle democrazie di fronte a chi osa dire la verità, la forza necessaria per resistere alla paura e l’importanza di amicizie leali e di solidarietà, capaci di trascendere confini e tempo. Dimostra anche crudelmente che certi circoli letterari e intellettuali preferiscono il silenzio al coraggio e che difendere il libero pensiero è un atto che richiede fedeltà a valori universali più che semplice ammirazione per il successo”.

 

Gli scrittori tacciono sul suo caso. “Il silenzio è spesso il rifugio del conforto o della paura e il conformismo letterario ha le sue regole invisibili ma potenti. Ma ciò che è più sconvolgente è che siano stati proprio gli intellettuali e gli scrittori algerini a mostrare la minore propensione a sostenere Sansal. Peggio ancora, alcuni non sono rimasti semplicemente in silenzio: lo hanno criticato, accusato di tradimento o etichettato come ‘sostenitore dell’estrema destra’, dimenticando che la lealtà alla verità e la libertà di espressione sono doveri superiori alle rivalità o ai calcoli politici. Questi scrittori non possono più accontentarsi di creare, devono dare un nome all’ingiustizia e affrontare la paura, anche se significa scontrarsi con i potenti”.

 

La sinistra francese di Jean-Luc Mélenchon è più ansiosa di denunciare l’apertura di un negozio Shein a Parigi che di ottenere la liberazione di un romanziere. “Perché denunciare uno scandalo simbolico è semplice, rapido e spettacolare, mentre difendere uno scrittore imprigionato da un regime come quello algerino richiede un autentico impegno intellettuale e morale” continua al Foglio Bencheikh. “La cosa peggiore è che, nel contesto delle risoluzioni che chiedevano la liberazione di Sansal, presentate sia all’Assemblea nazionale francese che al Parlamento europeo, una parte significativa della sinistra francese ha votato contro. Le cause facili fanno brillare i media e i giornali, ma le vere battaglie per la libertà sono costose e richiedono coraggio e perseveranza. La libertà di un romanziere, come quella di un popolo, non si misura con il clamore mediatico, ma con la lealtà delle coscienze che si rifiutano di cedere all’opportunismo o alla paura”.

 

La vera misura dell’occidente

Se non ci battiamo per uno scrittore europeo in galera, cosa potrà mai ancora significare “l’occidente”? “Se l’occidente non è più in grado di difendere coloro che illuminano la sua coscienza, non è altro che una facciata vuota, un nome senza sostanza” conclude l’intellettuale algerino. “La sua vera misura non sta né nei suoi mercati né nei suoi eserciti, ma nella lealtà dei suoi uomini e delle sue donne alla libertà e all’umanità. Lasciare Sansal in prigione significherebbe tradire questi principi e rinunciare a ciò che si pretende di incarnare. La solidarietà per Boualem non è solo un gesto di sostegno a uno scrittore; è un atto che difende l’idea stessa di civiltà”. 

 

Quando ad Alexander Solzhenitsyn fu permesso di lasciare l’Unione sovietica, prima che si trasferisse nel Vermont a ospitarlo nella sua casa in Germania fu un grande romanziere, Heinrich Böll, premio Nobel per la letteratura. Oggi neanche un appello degli scrittori per un collega malato di cancro e condannato a cinque anni di prigione in un Gulag nel deserto algerino.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.