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Le frontiere di Bruxelles

Il nuovo Patto su migrazione e asilo è alla prova dei numeri. L'Italia e la solidarietà limitata

David Carretta

La condizione per il solidarity pool è il rispetto delle regole di Dublino sulla responsabilità dei paesi di primo ingresso. Ma visti il clima politico e la crescente ostilità dell’opinione pubblica, pochi stati membri sono pronti a offrire ricollocamenti per accogliere richiedenti asilo sul loro territorio

La Commissione europea ieri ha inserito l’Italia tra i paesi che possono beneficiare della solidarietà degli altri stati membri per la pressione migratoria alle sue frontiere nell’ambito del nuovo Patto su migrazione e asilo. Ma per ottenere ricollocamenti, aiuto materiale o compensazioni finanziarie, il governo di Giorgia Meloni dovrà fare molto di più per rispettare le regole di Dublino, bloccando i movimenti secondari e riprendendosi i “dublinanti”. “L’Italia avrà accesso al pool di solidarietà, ma deve garantire la responsabilità”, ha avvertito il commissario agli Affari interni, Magnus Brunner. Ne vale la pena? Il nuovo Patto su migrazione e asilo è messo alla prova dalla realtà dei numeri. I pochi ricollocamenti di richiedenti asilo promessi da altri stati membri all’Italia e agli altri paesi sotto pressione potrebbero decretarne il fallimento.

 

La Commissione ieri ha presentato il primo “Ciclo annuale di gestione della migrazione”, il primo passo per attuare il Patto su migrazione e asilo dal primo giugno del 2026. Il documento identifica la situazione migratoria che gli stati membri hanno di fronte, quali paesi sono sotto pressione in modo sproporzionato, quali sono a rischio, quali in una situazione particolare. La Commissione ha anche proposto la riserva annuale di solidarietà (“solidarity pool”, in inglese) che fissa il numero dei ricollocamenti di richiedenti asilo o contributi finanziari per i paesi sotto pressione, nonché la quota per gli stati membri obbligati a fornire solidarietà. Grecia e Cipro sono stati classificati come “sotto pressione migratoria” a causa del livello sproporzionato di arrivi nel corso dell’ultimo anno. Anche Spagna e Italia sono classificate come “sotto pressione”, ma per il numero sproporzionato di arrivi attraverso le operazioni di ricerca e soccorso in mare.

 

Sono questi quattro paesi che dovrebbero beneficiare della solidarietà da parte degli altri stati membri a partire dalla seconda metà del 2026. La proposta della Commissione sui numeri è segreta. I numeri saranno conosciuti solo quando i ventisette stati membri li avranno approvati. Ma la condizione per ottenere la solidarietà è il rispetto delle regole di Dublino sulla responsabilità dei paesi di primo ingresso, a cominciare dal riprendersi i cosiddetti “dublinanti”: i richiedenti asilo che si sono trasferiti in altri stati membri attraverso movimenti secondari. “L’Italia ha un grande interesse ad assicurare che una volta che il Patto si applica, riprendano i trasferimenti di Dublino”, spiega un funzionario della Commissione. Se ci sono “carenze sistemiche” in uno stato membro su Dublino, il Patto permette agli altri paesi di non rispettare i loro obblighi di solidarietà.

 

In teoria, il Patto prevede 30 mila ricollocamenti di richiedenti asilo nell’ambito della riserva annuale di solidarietà. Ogni ricollocamento mancato vale 20 mila euro in termini di compensazioni finanziarie. Ma la solidarietà concreta è molto incerta. “E’ un meccanismo obbligatorio flessibile”, spiega un altro funzionario della Commissione. “C’è una scelta sulla forma della solidarietà che gli stati membri vogliono dare: solidarietà sulle persone (ricollocamenti di richiedenti asilo, ndr); solidarietà finanziaria (i 20 mila euro); oppure un contributo materiale utile concordato tra i due paesi”. Visto il clima politico e la crescente ostilità dell’opinione pubblica, pochi stati membri sono pronti a offrire ricollocamenti per accogliere richiedenti asilo sul loro territorio. Una maggioranza di governi potrebbe limitarsi a offrire compensazioni finanziarie. Inoltre, “ci sono modi per gli stati membri di non contribuire in modo autorizzato”, dice il secondo funzionario. “I paesi in situazione migratoria significativa a causa della pressione migratoria cumulativa degli ultimi cinque anni possono notificare che vogliono essere esentati in toto o in parte dalla loro quota”.

 

E’ il caso della Polonia, a cui la Commissione ha già comunicato che non dovrà contribuire con ricollocamenti o aiuti finanziari per il numero di ucraini accolti dall’inizio della guerra della Russia. Ma è anche il caso di Bulgaria, Repubblica ceca, Estonia, Croazia e Austria. Altri potrebbero aggiungersi a metà del 2026. Infine, paesi come la Germania, i Paesi Bassi o il Belgio hanno la possibilità di azzerare i loro obblighi di solidarietà sulla base del numero di “dublinanti” che il paese di primo ingresso rifiuta di riprendersi. Nel 2024 l’Italia ha ricevuto 43.150 richieste di riprendersi richiedenti asilo sulla base delle regole di Dublino. I trasferimenti di “dublinanti” effettivamente accettati dall’Italia sono stati 60.