Ansa
Torture senza pubblico
Le sevizie inflitte agli ostaggi israeliani a Gaza e in Iraq non danno dividendi mediatici
"Ho pregato Dio di tirarmi fuori da questa situazione" ha raccontato Rom Braslavski. “Mi hanno frustata dappertutto" ha detto Elizabeth Tsurkov. Ma a differenza degli abusi israeliani, veri o presunti, sui terroristi palestinesi in carcere e di Abu Ghraib, le torture di Braslavski e Tsurkov non hanno pubblico
“Mi hanno spogliato di tutti i miei vestiti, anche della biancheria intima. Poi mi hanno legato e lasciato senza cibo”. A parlare, in quella che è la più drammatica testimonianza di un ostaggio dal 7 ottobre, è il ventenne israeliano Rom Braslavski. Rapito dalla Jihad islamica palestinese il 7 ottobre mentre lavorava come guardia al festival musicale Nova, da quel giorno Rom è stato tenuto prigioniero per più di due anni e in un’intervista rilasciata al programma Hazinor del canale 13 israeliano e alla Cnn ha parlato per la prima volta della sua terrificante esperienza: “Ho pregato Dio di tirami fuori da questa situazione”, ha raccontato ammettendo di aver “subito violenza sessuale. Il loro scopo principale era umiliarmi e di calpestare la mia dignità. E’ una cosa che nemmeno i nazisti facevano”.
Come Rom, anche Amit Soussana e Ilana Gritzewsky hanno parlato delle aggressioni sessuali patite durante la prigionia, ma la testimonianza di Rom è la prima di un uomo. “E’ difficile per me parlare di quella parte in particolare. E’ dura. E’ stata la cosa più orribile. Sono tornato dall’incontro con il diavolo”. Lo stesso giorno dell’intervista a Braslavski, il New York Times ha parlato con un altro ostaggio israeliano, stavolta una donna, Elizabeth Tsurkov, non rapita da Hamas, ma dai terroristi filo Iran in Iraq. La ricercatrice, liberata a settembre dopo oltre due anni e mezzo di prigionia in Iraq, ha raccontato per la prima volta nel dettaglio le torture durante la detenzione da parte della milizia sciita Kataib Hezbollah quando hanno scoperto che era israeliana. Tsurkov ha descritto un periodo segnato da violenze fisiche, elettroshock, abusi sessuali e isolamento estremo. Rapita il 21 marzo 2023 a Baghdad, dove si trovava per una ricerca accademica come dottoranda a Princeton, Tsurkov è stata torturata e aggredita sessualmente. “Mi hanno frustata dappertutto e usavano come un sacco da boxe, questo dente manca per questo”, indicando una fessura nella bocca.
L’hanno appesa al soffitto e picchiata fino a farla svenire. L’hanno colpita con la corrente elettrica e costretta ad assumere posizioni che le hanno causato lesioni alla schiena e alle spalle. Quando ha perso conoscenza, le hanno gettato acqua sul viso per svegliarla e riprendere la tortura. Ma a differenza degli abusi israeliani, veri o presunti, sui terroristi palestinesi in carcere e di Abu Ghraib, le torture di Braslavski e Tsurkov non hanno pubblico, non producono consenso politico né dividendi mediatico. Nei tunnel di Hamas e delle milizie iraniane si muore e si sevizia senza telecamere. Tragedie senza pubblico.