Gli Accordi di Abramo sono in espansione

Micol Flammini

Trump si prepara all’arrivo del principe ereditario saudita Bin Salman aggiungendo adesioni alle intese di normalizzazione con Israele. Il caso del Kazakistan

Il 18 novembre il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman sarà a Washington a parlare di affari, tecnologia, Difesa, medio oriente. Il presidente americano Donald Trump vuole che l’Arabia Saudita sia impegnata e attiva nella realizzazione dell’accordo per il futuro di Gaza e vuole che questo impegno parta dall’adesione di Riad agli Accordi di Abramo. La preparazione al 18 novembre è lunga e preceduta da altri incontri. Il 10 sarà accolto alla Casa Bianca il nuovo presidente della Siria Ahmad al Sharaa, che ha in Riad un forte sponsor ed è stato proprio Bin Salman a organizzare l’incontro fra al Sharaa e Trump: “Mi piace questo ragazzo”, disse il presidente americano.

 

L’ingresso del siriano alla Casa Bianca farà la storia e per Trump è una parte importante per costruire l’incontro con Bin Salman. Anche ieri il presidente americano ha tenuto un vertice che nel profondo voleva essere un messaggio all’Arabia saudita: ha visto i leader di cinque repubbliche dell’Asia centrale, fra cui Qassem Jomart Tokayev, presidente del Kazakistan. Era un incontro regionale per parlare di materie prime critiche e cooperazione, ma anche un vertice lontano dal medio oriente può essere un’occasione per il capo della Casa Bianca per parlare a Bin Salman. Gli Stati Uniti vogliono mostrare ai sauditi che gli Accordi di Abramo reggono e soprattutto attraggono. Il piano è ambizioso, Trump vorrebbe coinvolgere la Siria e il Libano, ma la strada è lunga: Israele ha molte cose da discutere con Damasco e ancora opera militarmente contro Hezbollah in Libano (ieri Tsahal ha colpito con una forza che non utilizzava da tempo le infrastrutture del gruppo filoiraniano).

Il Kazakistan invece è un paese che di fatto parla con Israele e collabora, anche acquistando le armi israeliane, da trent’anni, coinvolgerlo negli Accordi di Abramo è un passo relativamente semplice. Gli Stati Uniti vorrebbero tirare dentro a breve anche l’Azerbaigian. Tutto per dimostrare a Bin Salman che il progetto regge e togliere Israele dall’isolamento è anche il modo migliore per far sparire Hamas, depotenziare l’Iran, stabilizzare il medio oriente e renderlo un posto adatto agli affari.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)