rifondare l'economia
Per riaprire la Bolivia al mondo, il neopresidente Paz Pereira riparte dalle imprese
Venerdì il vertice con i leader di migliaia di aziende, anche internazionali. Il leader democristiano, simbolo della fine del ciclo di Evo Morales, riapre ai rapporti con Stati Uniti e Israele, rompe con Maduro, chiama a un governo di unità e punta sulla deregolamentazione: “Preferisco investire in chi produce piuttosto che nello stato”
Rodrigo Paz Pereira, che si insedia sabato alla presidenza della Bolivia dopo essere stato deputato, senatore, consigliere comunale e sindaco della città di Tarija, nacque nel 1967 in Spagna, a Santiago de Compostela. Là suo padre era esule dal regime militare René Barrientos, sotto cui era stato ucciso Che Guevara. Un fratello del padre, che si chiamava Néstor Paz Zamora, fu un famoso guerrigliero di estrema sinistra, ucciso in combattimento nel 1970 a 25 anni. Suo padre pure, Jaime Paz Zamora, aveva fondato un gruppo di opposizione armata al regime militare, chiamato Movimento della Sinistra Rivoluzionaria (Mir). Poi esule nella Cuba castrista e nel Cile di Allende, nel 1980 suo padre era stato l’unico sopravvissuto a un incidente aereo organizzato contro di lui dall’altro regime militare di Luis García Meza, di cui gli restarono le tracce di gravi ustioni sul corpo e sul viso. Già quando tra 1982 e 1984 divenne vicepresidente nel governo di sinistra di Hernán Siles Suazo il Mir era evoluto in senso socialdemocratico, facendosi riconoscere dall’Internazionale Socialista. Tra 1984 e 1989 fu però presidente per la quarta volta Víctor Paz Estensoro, cugino di suo padre. Andato al potere la prima volta con la rivoluzione del 1952 come fautore di una radicale riforma agraria e di nazionalizzazioni, ma poi col tempo evoluto su posizioni del tipo che in America Latina sono definite neo-liberali. Tra 1989 e 1993 fu proprio Jaime Paz Zamora il presidente: sempre da socialdemocratico ma grazie a una spettacolare alleanza con l’altro ex-dittatore generale Hugo Banzer Suárez, che poi col suo appoggio ridivenne presidente nel 1997. E adesso è diventato presidente appunto Rodrigo Paz Pereira, ma con l’etichetta di democristiano: e sconfiggendo al ballottaggio quel Jorge Quiroga che era stato appunto il vice di Banzer, e poi per un anno il suo successore dopo le dimissioni per un cancro.
Insomma, un giro molto latinoamericano di combinazioni familiari tra potere, opposizione e esilio, cui possiamo aggiungere un avo esule dalle guerre civili argentine e una madre spagnola imparentata con un leader del nazionalismo galiziano. Un po’ quasi a suggello di questa vicenda, Paz Pereira diventa ora presidente nel momento in cui si è esaurito il ciclo ventennale della sinistra radicale indigenista e filochavista di Evo Morales e Luis Arce, ma promettendo un “capitalismo per tutti” ispirato a Hernando de Soto, e meno radicale rispetto all’approccio alla Milei di Quiroga.
Per lo meno a livello internazionale, in cui dice che la Bolivia si deve riposizionare, il nuovo presidente si presenta come un personaggio di rottura a sinistra. Per la ripresa del rapporto con Israele, per la riapertura delle relazioni con gli Stati Uniti dopo 17 anni, e per il duro scontro con i governi di Venezuela, Nicaragua e Cuba, che non ha invitato al suo insediamento. “Attacca i paesi dignitosi dell’America Latina”, ha commentato Maduro. “L'unica cosa dignitosa, signor Maduro, è che il nostro popolo viva in pace”, ha risposto Paz. “Con lavoro, salute e istruzione. Costruiremo un paese migliore per tutti i boliviani: senza odio, senza divisioni e senza persecuzioni”. Il presidente eletto ha inoltre sottolineato che la sua amministrazione cercherà sempre di “ripristinare la dignità” del paese, allineandosi ai principi di democrazia e libertà, e ha osservato che la Bolivia incarna questi valori, in contrasto con ciò che, a suo avviso, rappresenta il regime di Maduro.
I governi di Caracas, L’Avana e Managua lo hanno dunque sospeso da quella alleanza Alba, che peraltro chiaramente al nuovo governo boliviano non interessa. Anzi, con un viaggio da Marco Rubio Paz Pereira ha ottenuto dagli Usa una fornitura di carburante preziosa, vista la gravissima penuria che il paese sta affrontando. E qui si potrebbero fare notazioni sulla narrazione dell’”imperialismo yankee” che vorrebbe mettere le mani sulle risorse latinoamericane, e sulla realtà delle gestioni di governi di sinistra radicale che hanno a tal punto compromesso le risorse nazionali da invocare appunto gli Usa. Cuba che da primo esportatore di zucchero al mondo lo deve ora importare e si lamenta per il “bloqueo”. Maduro che per ottenere che la Chevron resti per operare al posto della distrutta Pdvsa ha sequestrato 10 cittadini Usa: ricatto dopo il quale è partita la mobilitazione navale Usa. La Bolivia che non esporta più gas, e deve appunto ora elemosinare idrocarburi a Washington. Tra le 45 delegazioni presenti, coi presidenti a vario titolo classificati a destra come l’argentino Javier Milei, l’ecuadoriano Daniel Noboa e il paraguayano Santiago Peña verrà comunque il presidente di sinistra cileno Gabriel Boric, oltre alla vicepresidente esecutiva della Commissione Europea Teresa Ribera. E anche con il Cile le relazioni erano interrotte, per la rivendicazione irredentista sulla costa del Pacifico. Paz si è anche visto con l’ambasciatore cinese, concordando con l’ opportunità di migliorare le relazioni. “La Bolivia sui sta riaprendo al mondo e il mondo alla Bolivia”, ha scritto Paz sui Social.
Sul piano interno, invece, Paz insiste a presentarsi come leader di unità, invitando tutte le forze politiche e sociali a unirsi a un governo di coalizione per fronteggiare l’emergenza economica. Dopo aver ricevuto le credenziali di presidente eletto dal Tribunale Supremo Elettorale, ha avvertito che la libertà non dovrebbe diventare uno strumento per imporre ideologie alla società e ha sottolineato che la libertà “ha le sue condizioni”, esortando al contempo le persone a non abusare di tale diritto. Ha poi invitato la popolazione a promuovere una visione di unità e ha affermato che la libertà deve essere conquistata con fermezza. Ha sottolineato che il processo elettorale non dovrebbe essere visto in termini di vincitori e vinti, ma come un'opportunità per rafforzare la democrazia e la nazione. Ha sottolineato la diversità della Bolivia come fondamento della forza sociale e ha ribadito il suo impegno a onorare la democrazia e l'unità nazionale. Ha affermato che la nazione è il principale fattore di coesione per il nuovo mandato di governo.
Da parte sua, il vicepresidente eletto Edman Lara, un ex-capitano della polizia in passato spesso segnalatosi per uno stile estremo sui Social, si è impegnato a lavorare per l'intera popolazione, senza distinzioni basate sulle preferenze elettorali. In tal senso, ha auspicato l'unificazione del Paese e ha sottolineato i valori rappresentati dai colori della bandiera boliviana.
Il Partito Democratico Cristiano di Paz non ha ottenuto la maggioranza nell'Assemblea Legislativa Plurinazionale, quindi dovrà negoziare accordi per portare avanti i suoi piani di governo, focalizzati sul superamento della peggiore crisi economica degli ultimi quattro decenni. A parte Rubio, negli Stati Uniti ha incontrato istituzioni finanziarie internazionali per garantire un fondo di stabilizzazione volto a rivitalizzare l'economia boliviana. Ha pure raggiunto un accordo iniziale con la Corporazione Andina per lo Sviluppo (Cafg), che concederà al paese un prestito di 3,1 miliardi di dollari per la ripresa economica. Dopo il suo viaggio negli Stati Uniti e a Panama ha tenuto una conferenza stampa in cui ha annunciato riforme fiscali per incentivare la produzione nazionale, e venerdì ha convocato un vertice dei leader del mondo imprenditoriale privato. Si terrà a Santa Cruz, la città più ricca del paese, e vi parteciperanno 19 delegazioni internazionali e 1.500 aziende nazionali.
Senza specificare quali saranno gli incentivi, Paz ha affermato che ci sarà una “linea centrale per garantire che il capitale raggiunga gli uomini e le donne che vogliono produrre” e ha affermato che le persone che vogliono “vivere alle spalle dello stato avranno difficoltà”. “Preferisco investire denaro in voi che producete, piuttosto che spendere soldi per lo stato”, ha dichiarato ai produttori e ai membri del sindacato della città di El Alto. In seguito, il suo consigliere economico José Gabriel Espinoza ha spiegato in un'intervista televisiva che sono stati presi impegni per deregolamentare l'economia, il che include l'eliminazione delle quote e dei controlli sui prezzi, “l'abuso fiscale”, la facilitazione del commercio internazionale e la promozione degli investimenti esteri. Riguardo agli incontri con le organizzazioni internazionali, Espinoza ha spiegato che il supporto non sarà solo finanziario, ma anche “tecnico e logistico per aprire nuove linee di finanziamento per il governo e il settore privato”. L'obiettivo, secondo l'economista, sarà quello di promuovere la produzione privata.
meglio giovani e fortunati