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L'Ue taglia le ambizioni sulle emissioni. La posizione italiana
Il Consiglio dell’Unione europea ha approvato i nuovi target di decarbonizzazione da raggiungere entro il 2040. Dopo che l'Italia ha accetatto un obiettivo giuridicamente vincolate, per Meloni ora sarà più difficile criticare "l'ideologia del Green deal"
Bruxelles. Confrontata a una rivolta di diversi governi contro il Green deal, l’Unione europea ha annacquato le sue ambizioni climatiche, dopo l’accordo raggiunto ieri tra i ministri dell’Ambiente sulla “Legge sul clima”, che fissa gli obiettivi di riduzione delle emissioni per il 2040. Nei comunicati stampa e nelle dichiarazioni pubbliche, il taglio del 90 per cento rispetto all’anno di riferimento del 1990 è stato mantenuto. In realtà, il testo di compromesso prevede una riduzione delle emissioni all’interno dell’Ue dell’85 per cento. Il restante 5 per cento potrà essere realizzato acquistando crediti internazionali di alta qualità da paesi extra Ue. Per ottenere la maggioranza qualificata necessaria ad approvare il compromesso, la presidenza danese del Consiglio dell’Ue ha fatto altre concessioni al gruppo di paesi più prudenti sulle politiche climatiche, che includeva Italia e Francia. Gli stati membri in difficoltà potranno ottenere dalla Commissione la possibilità di acquistare altri crediti internazionali per ridurre del 5 per cento il loro sforzo nazionale.
E’ prevista una clausola di revisione dell’obiettivo del 90 per cento al 2040, se il taglio delle emissioni avrà un impatto negativo sulla competitività. L’introduzione del sistema di scambio delle quote di emissioni ETS2, che di fatto impone una tassa sui carburanti e il riscaldamento pagata dai cittadini, sarà rinviata di un anno e attuata in modo molto progressivo. L’Italia ha ottenuto anche il riconoscimento dei biocarburanti nella revisione del regolamento sulle auto a zero emissioni che, nella versione attuale, metterà al bando il motore a combustione nel 2035. Questo è bastato al governo di Giorgia Meloni, tra i più critici sulla “ideologia green”, a cambiare campo sulle emissioni. “E’ un compromesso buono che accoglie le istanze presentate dall’Italia”, ha detto il ministro Gilberto Pichetto Fratin, confermando il voto favorevole. Al Consiglio ambiente i negoziati sono durati quasi 20 ore, con una svolta raggiunta nel corso della notte tra martedì e mercoledì e l’annuncio dell’accordo alle nove del mattino.
Ventuno Stati membri che rappresentano l’81,2 per cento della popolazione hanno votato a favore della Legge sul clima, assicurando la sua adozione a maggioranza qualificata. Polonia, Ungheria, Repubblica ceca e Slovacchia hanno votato contro. Bulgaria e Belgio si sono astenuti. Lars Aagaard, il ministro danese che ha presieduto la riunione, ha evitato di usare toni trionfalistici. La Danimarca è, insieme ad altri paesi nordici, tra i paesi più ambiziosi sulle emissioni e le politiche climatiche. Il compromesso è “il meglio che potessimo ottenere collettivamente”, ha spiegato Aagard. “Forniamo rassicurazioni sul fatto che le conseguenze dei nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni non saranno svantaggiose per l’Ue, ma aiuteranno la sua forza industriale e la nostra competitività”. “Alla fine non abbiamo concordato il 90 per cento”, si è felicitato il sottosegretario polacco, Krysztof Bolesta, malgrado il suo voto contrario: “Il testo dice 85 per cento a livello interno. Il livello di ambizione è più basso rispetto a dove eravamo partiti in estate”.
L’accordo di ieri riguarda anche gli impegni sulla riduzione delle emissioni per il 2035, che l’Ue deve presentare alla Cop30 che si sta per aprire a Belém in Brasile. Anche in questo caso il livello di ambizione è stato ridotto. Invece di un’unica cifra, l’Ue prometterà una forchetta: tra il 66,25 e il 70,5 per cento. Il commissario al Clima, Wopke Hoestra, si è detto sicuro che l’Ue farà molto meglio “del numero più basso della forchetta”. La soglia più bassa porterebbe a un taglio delle emissioni dell’80 per cento nel 2040. Il voto dell’Italia non è stato decisivo per far passare la Legge sul clima. Dopo che la Francia aveva accettato il compromesso della presidenza danese, la maggioranza qualificata era stata assicurata.
La scelta di Pichetto Fratin di sostenere il testo viene letta a Bruxelles come una conferma del pragmatismo di Giorgia Meloni. Ma per la premier e il suo governo questa è anche un’assunzione di responsabilità sulle politiche climatiche di fronte agli italiani e ai loro elettori. Per Meloni sarà più difficile criticare la “follia verde” o l’ideologia del “Green deal”, dopo che ha accettato un obiettivo giuridicamente vincolante, che porterà con sé altri provvedimenti necessari a ridurre drasticamente le emissioni nei prossimi quindici anni. Che sia il 90, l’85 o l’80 per cento, sarà economicamente complicato e politicamente doloroso.
meglio giovani e fortunati