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Allargarsi in Ue

Il veto di Orbán sull'ingresso di Ucraina e Moldavia è un aiuto a Putin. La creatività che serve

David Carretta

Zelensky accusa il premier ungherese di sostenere la Russia bloccando l’avvio dei negoziati di adesione dell’Ucraina nell'Unione europea, nonostante la Commissione abbia riconosciuto i progressi compiuti da Kyiv. Le proposte per aggirare il veto ungherese sono state respinte, lasciando l’Ue impantanata nell’unanimità e in cerca di soluzioni creative

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ieri ha accusato il premier ungherese, Viktor Orbán, di sostenere apertamente Vladimir Putin mantenendo il suo veto sul processo di adesione dell’Ucraina all’Unione europea. La Commissione di Ursula von der Leyen ieri ha certificato che l’Ucraina ha fatto sufficienti riforme per aprire tre serie di capitoli negoziali e che sarà pronta per gli altri tre entro la fine dell’anno. La proposta di aprire la prima serie di capitoli sui cosiddetti “fondamentali” (diritti fondamentali, giustizia, appalti, controlli finanziari) è sul tavolo dei governi dall’inizio dell’anno. Ma il veto dell’Ungheria ha paralizzato il processo. Tutte le proposte per superarlo o aggirarlo sono state rigettate da Orbán. Kyiv ha garantito più diritti alla comunità ungherese della Transcarpazia, come richiesto da Budapest. Il presidente del Consiglio europeo, António Costa, ha suggerito di abolire l’unanimità per aprire i capitoli negoziali, mantenendola per la loro chiusura. La Commissione ha proposto di far avanzare i negoziati a livello tecnico, senza una decisione politica sui singoli capitoli. Tutto inutile.

 

“Non credo di dover offrire nulla a Viktor Orbán”, ha detto Zelensky a un evento sull’allargamento organizzato da Euronews. “Penso che Viktor Orbán debba offrire qualcosa all’Ucraina, che sta proteggendo l’intera Europa dalla Russia”. Il presidente ucraino ha ricordato che “aprire i negoziati sarebbe un fattore di sostegno” nei confronti dei soldati che si battono al fronte e dei civili che subiscono l’aggressione russa. “Durante questa guerra, non abbiamo ricevuto alcun sostegno da lui. (…). Non vorremmo che Viktor sostenesse la Russia, perché bloccare l’Ucraina è un sostegno molto specifico a Putin”, ha accusato Zelensky.

 

Il “pacchetto allargamento” 2025 presentato ieri dalla Commissione fa il punto sui progressi realizzati dai paesi candidati sul percorso per entrare nell’Ue. Montenegro, Albania, Moldavia e Ucraina hanno ottenuto i voti migliori. Almeno in teoria, tutti e quattro potrebbero aderire entro il 2030. “E’ un obiettivo realistico”, ha spiegato l’Alto rappresentante, Kaja Kallas. “Spero che l’Ucraina entri nell’Ue prima di quella data”, ha detto Zelensky. Lo stesso obiettivo è condiviso dalla presidente moldava, Maia Sandu, che vuole chiudere i negoziati su tutti i capitoli entro la fine del suo mandato nel 2028. Sandu si trova a sua volta intrappolata dal veto di Orbán (Ucraina e Moldavia hanno deciso di restare accoppiate nel processo di adesione). “Penso che l’Ue debba diventare un po’ più creativa per risolvere questo problema”, ha detto Sandu. La Commissione ha accusato Orbán di minare la credibilità dell’Ue e della sua parola, nonché il principio del processo di allargamento basato sul merito. L’Ue appare disarmata di fronte all’ostruzionismo di Orbán. Come se si fosse rassegnata ad aspettare le elezioni legislative che si terranno in Ungheria nella primavera del 2026, incrociando le dita su una vittoria dell’opposizione che non è per nulla scontata. “Il mio messaggio all’Ucraina e alla Moldavia è che non hanno bisogno di Orbán per fare le riforme” legate ai capitoli negoziali, ha detto la commissaria all’Allargamento, Marta Kos, che non ha rinunciato alla sua idea di proseguire informalmente i negoziati a livello tecnico, senza aspettare la decisione politica all’unanimità. Ma, senza risultati tangibili e simbolici da offrire ai cittadini, l’incentivo per realizzare riforme politicamente difficili viene meno. L’Ue si è accorta di dover fare i conti con altri alleati di Putin nel processo di allargamento: il presidente serbo, Aleksandar Vučić, e il partito filo russo Sogno georgiano, al governo Georgia. Il giudizio sui progressi realizzati dalla Serbia è negativo. Sui diritti fondamentali, la Commissione ha registrato una “regressione” da parte di Belgrado. Finora l’Ue ha mantenuto il dialogo con Vucic per evitare che cadesse ulteriormente tra le braccia di Putin. Ma ieri la commissaria Kos ha lanciato un avvertimento sulla “scelta” tra l’Ue e la Russia che la Serbia è chiamata a fare. Quanto alla Georgia, “lo status di paese candidato è solo sulla carta”, ha detto Kos. Il processo di adesione è stato sospeso prima ancora di iniziare, dopo la repressione condotta dal governo di Sogno georgiano. “Caro governo della Georgia, non state portando il vostro popolo nell’Ue. State portando il vostro popolo fuori dall’Ue. Ascoltate il vostro popolo e smettete di mettere in prigione i leader dell’opposizione e i giornalisti e chi la pensa diversamente da voi. Poi potremo parlare”, ha detto Kos.

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