i leopardi delle nevi

Mosca recluta riservisti per fermare i droni di Kyiv contro le raffinerie di petrolio

Micol Flammini

La mobilitazione è su base regionale, chi accetta ha la rassicurazione che non sarà schierato in Ucraina

Le più grandi sanzioni alle esportazioni di petrolio di Mosca continuano a essere i ripetuti attacchi ucraini contro petroliere e raffinerie per tutto il territorio della Russia. Il Servizio di sicurezza per l’Ucraina (Sbu), comandato dal generale Vasyl Malyuk, è incaricato di gestire le operazioni: trovare i punti da colpire sulla mappa della Russia e capire come fare in modo che i droni passino le difese e arrivino a colpire tutti i punti nevralgici dell’economia russa,  che poi alimentano la macchina della guerra del Cremlino. Novembre è iniziato con un attacco doloroso: i droni ucraini hanno centrato un terminal petrolifero e una petroliera, entrambi nella regione di Krasnodar. Fonti dello Sbu hanno riferito al Kyiv Independent che in totale gli attacchi sono stati cinque e l’obiettivo era tutto il sistema del trasporto di petrolio di Mosca.  Hanno preso fuoco la petroliera e anche i moli del porto della città di Tuapse che vengono utilizzati per  caricare e scaricare le petroliere. Adesso, secondo la fonte dell’intelligence, sono inagibili. 

   
Krasnodar è una regione russa affacciata sul Mar Nero e per Mosca è cruciale per il trasporto del greggio e anche come base della flotta russa, che in questi tre anni di guerra gli ucraini sono riusciti a decimare. Kyiv non ha mai investito nella sua marina ma ha adattato i suoi droni in modo che riuscissero a colpire la flotta di Mosca che, nei primi mesi della guerra, ha paralizzato le esportazioni di grano dell’Ucraina. Kyiv ha imparato a colpire ovunque, Krasnodar è vicina al confine, ma molti attacchi sono in profondità nel territorio russo. A lungo Mosca ha negato di avere problemi con questo tipo di incursioni, ha minimizzato le crisi della benzina che hanno colpito alcune regioni, non ha fornito spiegazioni ai suoi cittadini sul perché i miliardi di rubli del pil versati nella difesa non riescono a garantire la sicurezza dei cieli della Russia dalle incursioni di droni ucraini spesso realizzati con stampanti 3D a circa quattrocento dollari l’uno. Gli ucraini continuano a trovare il varco e colpire, hanno anche detto di aver distrutto uno dei tre missili ipersonici russi Oreshnik, difficili da abbattere e grande orgoglio del nuovo arsenale di Mosca. Dopo mesi di attacchi, la Russia sta iniziando a mostrare ai cittadini di voler risolvere il problema e la soluzione è presentata per la prima volta su una dimensione regionale. Alcune oblast come Nizhny Novgorod, Yaroslavl e Tambov, hanno annunciato di aver iniziato a reclutare riservisti per proteggere industrie e infrastrutture, ma soprattutto le raffinerie di petrolio. Qualche settimana fa era stato il ministero della Difesa ad annunciare un nuovo provvedimento che avrebbe permesso di reclutare russi in pensione che avessero firmato un contratto con l’esercito come riservisti. “E’ stata presa la decisione di coinvolgere i cittadini più preparati e patriottici nell’attuazione di misure per proteggere le strutture civili nel profondo del territorio russo”, aveva annunciato il viceammiraglio Vladimir Tsimlyansky, che fa parte della Direzione principale per l’organizzazione e la mobilitazione dello stato maggiore delle Forze armate. Le istituzioni si sono affrettate a sottolineare che si tratta di una misura volontaria, che i reclutati non saranno mandati al fronte in Ucraina o in altri territori al di fuori della Russia. Le campagne di reclutamento sono però su base regionale e ogni oblast annuncia delle paghe diverse. A Yaroslavl, per esempio, viene promesso uno stipendio di quarantamila rubli da parte del ministero della Difesa e cinquantamila da parte della raffineria per un contratto di tre anni (poco meno di mille euro al mese, in totale). A Kotovsk, nell’oblast di Tambov, ai riservisti viene offerto un bonus di trentamila rubli (trecentoventi euro) per un contratto di sessanta giorni. Ovunque l’addestramento dura quindici giorni, poi i riservisti saranno dislocati a protezione delle raffinerie. La regione di Leningrado ha comunicato di aver raggiunto il numero di centocinque riservisti che avranno il compito di proteggere i cieli dagli attacchi degli ucraini, che non possono più essere negati. L’unità che dovrà proteggere gli obiettivi nella regione ha già un nome, “Bars-47”, bars in russo è il leopardo delle nevi e lo stesso nome era stato utilizzato per indicare i volontari che prestano servizio nelle regioni di confine con l’Ucraina quando l’esercito di Kyiv aveva iniziato un’offensiva nel territorio di Mosca.  


L’Ucraina ha una grande capacità di movimento nei cieli russi, riesce a puntare a depositi di armi, raffinerie e anche centrali elettriche, senza che Mosca riesca a fermarla. Vladimir Putin aveva promesso che la guerra sarebbe stata lontana dai russi, Kyiv invece ha fatto scoprire tutte le falle di questa promessa. Il Cremlino però per la protezione del suo territorio non vuole impiegare l’esercito regolare,  continua a cercare volontari, o combattenti stranieri come accadde nella regione di Kursk, in cui la difesa venne affidata ai soldati nordcoreani numerosi ma impreparati. Per le raffinerie di petrolio potrebbe prevalere un discorso diverso: senza petrolio la macchina della guerra si inceppa. 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)