Ancora un ultimatum a Hamas

Micol Flammini

Gli Stati uniti vogliono annunciare la coalizione internazionale che si occuperà della sicurezza a Gaza e si offrono di dare un passaggio sicuro ai miliziani che sono rimasti nella "linea gialla"

Gli Stati Uniti hanno offerto ai miliziani di Hamas che sono rimasti nel 53 per cento del territorio della Striscia controllato da Israele un passaggio sicuro verso l’altra metà della Striscia. L’offerta è stata accompagnata da un ultimatum che Israele ha lanciato ai terroristi con il sostegno di Washington ma anche di alcuni paesi arabi come Qatar ed Egitto: se entro le otto di sera, ora locale, il gruppo non avesse portato i suoi uomini al di là della “linea gialla”, avrebbe subìto le conseguenze di un attacco volto a smantellare le infrastrutture di Hamas rimaste. I terroristi hanno avuto ventiquattro ore di tempo per lasciare il territorio della Striscia controllato da Israele, secondo gli accordi,  e tornare in quello che, di fatto, è stato lasciato nelle loro mani per mancanza di alternative. Alle otto di ieri, quando in Italia erano le sette, Israele ha effettuato alcuni bombardamenti, soprattutto per distruggere i tunnel dai quali i miliziani avevano colpito l’esercito nella zona di Rafah. Israele finora ha seguìto il piano, si è ritirato come previsto, ha istituito la sua presenza oltre la “linea gialla”. Hamas, invece, non si è ritirato, ha continuato a cercare di  mantenere la sua presenza in tutta la Striscia. A violare il cessate il fuoco, da quando è entrato in vigore, sono stati i terroristi, come hanno riconosciuto  gli Stati Uniti e il Qatar. 
Israele ha risposto riprendendo i bombardamenti contro la Striscia. Il cessate il fuoco regge tra difficoltà continue, mentre i miliziani hanno ripreso la ricerca dei corpi o dei resti degli undici ostaggi che si trovano ancora nella Striscia, i paesi che hanno appoggiato il piano in venti punti di Trump per la ricostruzione di Gaza sono sempre più consapevoli che far rispettare l’accordo a Hamas sarà una missione difficilissima. Gli Stati Uniti però non vogliono interruzioni e hanno fatto sapere che nelle prossime settimane presenteranno il programma per la creazione di una forza internazionale da dispiegare a Gaza. Su questa forza sono più le bufale che le certezze: dovrà essere in grado di contenere Hamas, togliere le armi ai miliziani e si troverà in situazioni pericolose e nelle prime fasi concentrerà sulla sicurezza dei confini. Finora si sono offerti di mandare truppe paesi come l’Azerbaigian, l’Indonesia e la Turchia, su quest’ultima, di cui Donald Trump si fida molto, Israele ha diverse riserve per la collaborazione fra Ankara e Hamas. 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)