(foto EPA)

Il verdetto

Sorpresa olandese. Alle elezioni trionfano i liberali di Rob Jetten

Francesco Gottardi

Le urne premiano tutti i partiti moderati, soprattutto i Democraten 66 che triplicano i loro seggi. In calo i sovranisti di Wilders e i socialdemocratici di Timmermans, che si dimette. Ma formare un governo, numeri alla mano, sarà di nuovo una faccenda complicata

I Paesi Bassi tornano al centro, e lo fanno nel modo più inatteso possibile: con i Democraten 66 – partito liberale, europeista e attento ai diritti civili – primi contro ogni pronostico alle elezioni legislative di mercoledì. 26 o 27 seggi, rispetto ai 9 della precedente tornata. Un exploit nel segno del loro giovane leader Rob Jetten, che a 38 anni ora cercherà di catalizzare la pesante eredità politica di Rutte. È un’impresa possibile, ma non sarà facile dato il frammentato scacchiere olandese. Eppure il verdetto del voto, nel complesso, conferma le aspettative della vigilia, sia pure rimescolando i rapporti di forza: e cioè che ad Amsterdam e dintorni, dopo l’inconcludente stagione sovranista, c’è tanta voglia di arrivare a un governo pragmatico, affidabile e moderato.

L’altro grande vincitore (da 5 a 19 seggi) è infatti l’Appello cristiano-democratico di Henri Bontenbal. E perfino il Vvd di Dilan Yesilgoz, dato in affanno da tutti i sondaggi, è riuscito a contenere i danni dimostrando una notevole resilienza: è l’unico partito dell’esecutivo uscente risparmiato dagli elettori (ha perso soltanto un seggio: da 24 a 23). Il futuro accordo di coalizione parte da qui.

E passiamo dunque agli sconfitti. La seconda forza alle urne è il Pvv di Geert Wilders: pur chiudendo quasi ad ex aequo con D66, l’ultradestra ha perso parecchio rispetto al 2023 (da 37 a 25-26 seggi) e si prepara a tornare all’opposizione. “Speravamo in un risultato diverso”, ha ammesso il collega di Salvini nei Patriots. Ma era un esito in parte preventivabile, visto che molti cittadini imputavano al Pvv il fallimento del fugace governo Schoof. Quel che invece ha sorpreso gli osservatori, dal lato opposto, è il fiasco del blocco progressista: l’alleanza Partito del Lavoro-Sinistra verde si è fermata a quota 20 seggi, cinque in meno di due anni fa. Un’involuzione che ha portato alle dimissioni immediate di Frans Timmermans dai vertici del PvdA: “Faccio un passo indietro per cedere la leadership del movimento alla prossima generazione”, ha dichiarato l’ex vicepresidente della Commissione europea.

 

Un’Olanda che torna al centro è anche un’Olanda che punisce gli estremi, con il dibattito politico fiaccato dalla polarizzazione. Cosa succederà adesso? Consuetudine vuole che il capo del partito più votato sarà incaricato di intavolare le trattative per la formazione del nuovo governo, spesso lunghe e intricate. Jetten ha già fatto sapere che si prenderà qualche giorno di riflessione per sondare il terreno, ma con fare equilibrista si è subito complimentato a gran voce con gli altri partiti premiati dalle urne – che sono anche quelli più affini al suo. Numericamente però, non si profila alcuna soluzione facile. D66, Cda e Vvd contano 69 seggi in totale: ne servono 76 per la maggioranza alla Tweede Kamer. Troppi in ogni caso. Per il blocco centrista si prospetterebbero allora due possibili compromessi: allargare l’alleanza ai socialdemocratici – l’opzione caldeggiata da Jetten –, superando comodamente lo scoglio dell’aritmetica ma rischiando lo stallo amministrativo, visto che l’ala conservatrice del Vvd non ha alcuna intenzione di governare con la sinistra; oppure aprire all’altra sorpresa di queste elezioni. E cioè JA21, un partito emergente di estrema destra che ha raccolto gli scontenti di Wilders – da 1 a 9 seggi – e si prepara a fare da ago della bilancia. Già durante la campagna elettorale,  Jetten non aveva escluso nemmeno questa possibilità. Ma per le negoziazioni ci si ragionerà poi. Intanto in casa D66 si indugia e si festeggia, calibrando con attenzione le parole della vittoria: “Siamo patrioti progressisti, contro ogni forma di populismo”. È un discorso alla nazione, prima ancora che alle forze che la governeranno.

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