il piano b
Le provocazioni continue di Hamas dietro la linea gialla
Le violazioni del cessate il fuoco da parte dei terroristi dentro la Striscia di Gaza sono sistematiche. L'accusa del Qatar e l'attesa per la seconda fase
I messaggi che arrivano dai soldati israeliani ancora operativi dietro alla linea gialla, la delimitazione che separa la parte della Striscia controllata da Tsahal da quella nelle mani di Hamas, raccontano di violazioni continue. I terroristi cercano di attraversare la linea di separazione, sparano da una parte all’altra. I soldati, alcuni consultati dal Foglio, raccontano che le violazioni sono continue, le provocazioni costanti, più volte al giorno. Hamas mette alla prova il cessate il fuoco da quando è iniziato e finora Israele ha risposto quando le violazioni hanno comportato la morte di soldati israeliani regolarmente schierati dietro alla linea gialla: il colore è stato scelto per essere visibile, i blocchi di cemento gialli tagliano in due la Striscia.
Martedì Tsahal ha bombardato Gaza in risposta agli attacchi di Hamas che hanno causato la morte di un soldato nella zona meridionale di Rafah. Gli americani, che dal sud di Israele hanno una visuale aperta su quello che accade dentro Gaza, non hanno temuto che il cessate il fuoco fosse ormai collassato. Ieri mattina infatti è stato ripristinato, poi nel pomeriggio, secondo i media palestinesi, Tsahal ha effettuato un bombardamento nel nord della Striscia. Si è alzata una voce insolita per mettere ordine tra le accuse di Hamas e a quelle internazionali contro Israele, il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim al Thani è intervenuto per condannare l’attacco dei terroristi, usando parole molto precise l’ha definito una “violazione del cessate il fuoco”. Al Thani ha detto: “Stiamo facendo pressione su Hamas affinché riconosca la necessità del suo disarmo”, il primo ministro ha aggiunto che il gruppo è pronto ad abbandonare il potere. Se Hamas non rinuncerà alle armi, la coalizione che si è formata per sostenere il cessate il fuoco e costruire il futuro di Gaza in realtà non ha mezzi per fare in modo che i terroristi rispettino l’accordo. Per ora le immagini che escono dal 47 per cento del territorio di Gaza controllato da Hamas sono di caos e violenza, si vedono i miliziani andare in giro con i fucili spianati e il volto coperto. Alcuni abitanti della Striscia hanno confermato al Foglio che la situazione è molto precaria, Hamas si comporta non come se dovesse abbandonare il potere a un organo tecnocratico costituito da palestinesi, come previsto dall’accordo, ma come se stesse lavorando per incrementare il controllo della Striscia, indipendentemente dalle volontà dei cittadini di Gaza. Secondo il piano in venti punti di Donald Trump, durante la fase due, che non inizierà fino a quando non saranno consegnati i corpi, o quel che ne resta, di tutti e tredici gli ostaggi che rimangono nella Striscia, con il disarmo del gruppo deve iniziare la ricostruzione politica e fisica di Gaza. Nelle scorse settimane era stato lo stesso presidente Trump a dire che prima dell’inizio della seconda fase a Hamas spettava un ruolo di transizione e di amministrazione di una parte della Striscia. Non ci sono segnali che il gruppo abbia intenzione di passare il potere ad altri, per il momento spadroneggia e regola la vita degli abitanti di Gaza. In assenza di una clausola che spieghi come forzare Hamas a cedere le armi, l’accordo prevede un piano B, che però ha già i tratti della resa: iniziare la ricostruzione e l’insediamento del Consiglio per la pace gestito dall’ex premier britannico Tony Blair nella parte della Striscia sotto il controllo di Israele. Gaza è divisa quasi a metà, Tsahal è presente nel 53 per cento, nella parte a ridosso di Israele, mentre Hamas controlla la costa. Secondo i piani, se i terroristi non stanno ai patti, inizierà la ricostruzione prima dalla parte orientale della Striscia, dove stanno iniziando a formarsi delle forze contrarie a Hamas, ma la popolazione rimane più scarsa rispetto all’altra metà della Striscia. I gazawi sono sempre stati più numerosi nella parte costiera, la popolazione si concentrava e si concentra ancora nella città di Gaza, quindi la sezione sotto il controllo israeliano appare spopolata. Alcuni gazawi, sfidando anche la violenza di Hamas, hanno provato a passare da una parte all’altra della linea gialla, ma rimane una generale diffidenza perché non hanno avuto la rassicurazione che si tratti di una zona protetta sia dalle incursioni di Hamas sia dalle risposte di Israele. Le rassicurazioni infatti non ci sono, finora gli attacchi di Hamas si sono verificati oltre la linea gialla.
L’accordo di Trump è in stallo. I terroristi lo stanno bloccando nella fase uno e i leader arabi che hanno appoggiato la soluzione americana non hanno intenzione di scontrarsi con Hamas. Diversi analisti immaginano che la divisione della Striscia sarà lunga, la linea gialla sarà il confine tra due mondi e stare da una parte o dall’altra potrebbe diventare una scelta di vita per i gazawi.