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la battaglia dei collegi

La California si prepara al referendum: anche i dems vogliono ridisegnare i collegi a loro favore

Marco Arvati

Con la Proposition 50 i californiani voteranno se restituire al parlamento statale la facoltà di ridisegnare i distretti elettorali, oggi affidata a una commissione indipendente. Newsom la presenta come risposta al “gerrymandering” repubblicano in Texas, ma anche molti indipendenti temono una nuova politicizzazione del processo

Un voto interessante della prossima tornata elettorale statunitense, che si svolgerà martedì 4 novembre, è un referendum statale promosso dalla California: con la Proposition 50 si chiede ai cittadini di restituire ai politici il compito di disegnare i collegi statali, dopo che, a seguito di un referendum nel 2008, l’onere era passato a una commissione indipendente di 14 membri. Per il governatore dello stato, Gavin Newsom, la mossa serve a “combattere il fuoco con il fuoco”, in risposta al voto del Texas, che ha ridisegnato i propri collegi in modo da garantirne cinque in più ai repubblicani, nonostante manchino ancora cinque anni al censimento decennale da cui la riorganizzazione dovrebbe dipendere. Consapevole delle possibilità di una sconfitta alla Camera nel 2026, così come avvenne nel 2018, Donald Trump ha fatto pressione sui governatori degli stati a lui più vicini per rifare i seggi in modo da garantirgli un vantaggio. Per questo, la California ha replicato disegnando nuove mappe più favorevoli ai democratici. 


L’opposizione ritiene di combattere così una battaglia frontale contro i tentativi del presidente di mantenere il potere, ma molti indipendenti si sono allarmati. L’ex governatore californiano Schwarzenegger, repubblicano non trumpiano che ha voluto la commissione indipendente quando era in carica, ha detto alla Cnn che “i partiti pensano solo a chi può barare di più”.

I repubblicani non sembrano così interessati al voto: i sostenitori del “no” hanno raccolto meno della metà dei soldi del fronte del “sì”, che ha visto esporsi, oltre a Newsom, anche figure di spicco dei democratici come Barack Obama. L’ex speaker repubblicano della Camera Kevin McCarthy aveva annunciato la raccolta di circa 100 milioni di dollari: a una settimana dalle elezioni, ne ha raccolti poco più di 6. Un referendum in cui i democratici chiedono ai cittadini il potere di politicizzare i collegi avrebbe potuto generare un asse tra repubblicani e indipendenti tale da mettere in difficoltà Newsom. Anche per via del disinteresse repubblicano, questo non è avvenuto: secondo gli ultimi sondaggi Cbs/YouGov, il governatore vincerebbe il referendum, che ha personalmente voluto e che lo identifica come leader dell’opposizione, con più del 60 per cento dei voti.


Dopo Texas e California, anche altri stati si stanno inserendo nella battaglia dei collegi: per i repubblicani, Missouri, Carolina del nord e Indiana, per i democratici Illinois e Virginia cercano di consegnare ai propri partiti mappe più favorevoli. Inoltre, la Corte Suprema potrebbe a breve garantire un vantaggio ai repubblicani, stralciando l’obbligo, affermato nel Voting Rights Act, di garantire rappresentanza nei collegi alle minoranze. Se questo saltasse, gran parte dei 29 seggi a maggioranza afroamericana, tutti controllati dai democratici, potrebbero  essere inglobati in aree più repubblicane. Di fatto, le elezioni del 2026 rischiano di essere decise non dalla scelta dei cittadini, ma da quanto una matita riesca a disegnare confini vantaggiosi, per gli uni e per gli altri.

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