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Il profilo

Gli olandesi si avvicinano al centro e c'è una guida: Henri Bontenbal

Francesco Gottardi

Il leader dell'Appello cristiano-democratico rappresenta il profilo giusto al momento giusto: è concreto sulle questioni interne, è molto vicino a Bruxelles in politica estera e non nasconde la necessità di aumentare le spese per la difesa dei Paesi Bassi: “Non sarò il più divertente, ma la politica non è un circo”

I Paesi Bassi  hanno una gran voglia di centro. Dopo una fase di cedimento a destra, i sondaggi alla vigilia delle elezioni legislative mostrano che dietro i sovranisti di Geert Wilders – sempre primo partito, ma sempre più isolato – sta crescendo un folto blocco europeista e moderato alla cui guida potrebbe insediarsi Henri Bontenbal, leader 42enne del redivivo Appello cristiano-democratico (Cda). Che dal minimo storico di consensi alle urne (3,3 per cento) oggi è proiettato verso il 15-16, a braccetto coi socialdemocratici. Come ci sta riuscendo Bontenbal? Calma, pragmatismo e discontinuità. “Voglio esprimere un punto di riferimento antipopulista”, ha dichiarato a de Volkskrant. “Il populismo è una forza dirompente: può prendere il sopravvento su qualsiasi partito, incluso il Cda in passato. L’errore è sollecitare il disagio sociale e non le soluzioni. Ridurre la complessità a semplici frasi a effetto. Non dobbiamo farlo. Mai”.

 

E i Paesi Bassi oggi sentono il bisogno di un rassicurante bagno di realtà. Sono reduci dall’esecutivo più a destra della loro storia, contraddistinto dall’immobilismo e dalla fragilità di una coalizione spuria – conservatori tradizionali più nazional-populisti. Nel frattempo la macchina amministrativa ha rallentato sotto i colpi di molte questioni sociali irrisolte, tra pressione migratoria, crisi immobiliare e tutela del welfare. Più che slogan acrobatici, sembra tornata di moda la stagione del fare. Bontenbal rappresenta dunque il profilo giusto al momento giusto: è entrato in politica da pochi anni – elemento importante agli occhi dei disillusi – prima faceva il consulente energetico e si è dimostrato un buon amministratore in una città complessa come Rotterdam. Uomo di chiesa, padre di famiglia, riservato e gran lavoratore. L’aura dell’ordinarietà che va cercando una nazione politicamente smarrita, dopo la stabile e longeva epoca Rutte.

 

Il Cda inoltre è pronto a sfruttare l’esodo elettorale dai due partiti che di fatto l’avevano spazzato via nel 2023: il Nuovo contratto sociale, a sua volta in odor di sparizione, e il Vvd di Dilan Yesilgoz in forte affanno. Entrambi pagano la controversa alleanza con Wilders nell’esecutivo uscente, mentre la riscossa dei Democraten 66 – altra formazione liberale nel microcosmo partitico olandese – non raggiunge il livello dei cristianodemocratici. E soprattutto, Bontenbal si presenta più pronto di altri potenziali premier come Rob Jetten: sia fra gli addetti ai lavori, sia fra gli elettori. E’ concreto sulle questioni interne, è molto vicino a Bruxelles in politica estera e non nasconde la necessità di aumentare le spese per la difesa dei Paesi Bassi, finanziandole anche attraverso il prelievo fiscale.

 

Al contempo è piuttosto conservatore in fatto di diritti civili e rivendica un approccio più severo sull’espulsione dei richiedenti asilo respinti. “Non sarò il più divertente, ma la politica non è un circo”, risponde a chi gli dà del noioso. Ben sapendo che dopo le urne seguiranno le trattative per il nuovo esecutivo: attorno al blocco di centro, stavolta, potrebbero essere meno estenuanti del solito.

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