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I numeri contano
Anche prendendo Hamas per verità rivelata, le accuse di carestia e genocidio cadono
Se nei calcoli ufficiali i conti non tornano non significa che non ci siano stati morti e sofferenza a Gaza. Significa invece che è stata alzata la posta della propaganda fino a trasformare una guerra in uno sterminio
Il 22 agosto le Nazioni Unite hanno formalmente dichiarato la “carestia” a Gaza. L’Integrated Food Security Phase Classification (Ipc), sostenuto dall’Onu, ha rilevato 500 mila abitanti di Gaza in “fase cinque di carestia” e 1,07 milioni in “fase quattro”. Per definizione, secondo l’Ipc, la “fase cinque” significa che due persone su diecimila muoiono ogni giorno di fame e una su diecimila in fase quattro. Il capo ricercatore della ong Honest Reporting, Salo Aizenberg, che dall’inizio della guerra spulcia i dati forniti da Hamas, rivela che secondo gli stessi parametri di Hamas citati da tutti i media (da cui derivano i 68.527 morti ufficiali della guerra), ciò avrebbe comportato un bilancio di 10.143 morti per fame al momento dell’annuncio del cessate il fuoco a Gaza, lo scorso 10 ottobre. Quanti hanno perso la vita in questo modo? Secondo Hamas, 192 persone (senza dire chi aveva condizioni pregresse). Ne mancano 9.808 all’appello.
Poi c’è il “genocidio”, ufficialmente dichiarato dall’Onu a settembre e appena evocato di nuovo da Francesca Albanese per formulare l’accusa nei confronti del governo italiano di “complicità nel genocidio”. Anche qui, Aizenberg ha fatto i calcoli. Sempre prendendo i dati di Hamas per oro colato, escludendo le morti naturali e quelle causate dalla propria fazione, 33 mila civili palestinesi sono morti durante la guerra. Secondo le stime più diffuse, 25 mila terroristi sono stati uccisi da Israele. Ciò significa che per ogni terrorista ucciso, meno di 1,5 civili hanno perso la vita. Non significa che non ci siano stati morti e sofferenza a Gaza. Significa invece che è stata alzata la posta della propaganda fino a trasformare una guerra in uno sterminio.
Scrisse Saul Bellow: “Il giudizio morale, uno spettro che si aggira per l’Europa, diventa un gigante a tutto tondo quando si parla di Israele e dei palestinesi... Ciò che la Svizzera è per le vacanze invernali e la costa dalmata per quelle estive, Israele e i palestinesi sono, per il bisogno di giustizia dell'occidente, una sorta di luogo di villeggiatura morale”. Per quel luogo immaginario è partita Catherine Connolly, politica indipendente di sinistra che ha definito Israele uno “stato terrorista”, a favore del mantenimento di Hamas al potere a Gaza e appena eletta decimo presidente dell’Irlanda dopo una schiacciante vittoria sulla sua rivale, Heather Humphreys.
Connolly, che si è rifiutata di condannare il massacro di Hamas del 7 ottobre, durante la campagna elettorale ha dichiarato alla Bbc che Hamas è “parte integrante” del popolo palestinese. Il rabbino capo irlandese, Yoni Wieder, ha detto: “Connolly non si oppone alla loro permanenza al potere, anche se giustiziano apertamente il loro stesso popolo”. “Vengo dall’Irlanda, che ha una storia di colonizzazione e sarei molto cauta nel dire a un popolo sovrano come governare il proprio paese”, ha detto Connolly su Hamas. “Hamas è stato eletto dal popolo l’ultima volta che ci sono state le elezioni”. Va da sè che non abbiamo neanche il diritto di criticare Hamas per aver ucciso centinaia di palestinesi dopo il cessate il fuoco.