Javier Milei (foto Epa, via Ansa)
Con la vittoria di Milei, l'Argentina vede la fine del ciclo peronista
Il partito del presidente vince con il 40,8 per cento dei voti le elezioni legislative e si trasforma ora nell’asse ordinatore della politica argentina
Le elezioni legislative del 26 ottobre 2025 hanno confermato una trasformazione profonda negli equilibri politici dell’Argentina. Con il 40,8 per cento dei voti, La Libertad Avanza (LLA), il partito del presidente Javier Milei, ha ottenuto un successo superiore alle previsioni e ha consolidato una nuova mappa del potere al Congresso. La coalizione di governo avrà ora una rappresentanza decisiva in entrambe le Camere, raggiungendo la soglia che le consente di bloccare i progetti dell’opposizione e rafforzare l’autorità presidenziale.
Il risultato non solo conferma la solidità della leadership di Milei, ma ridefinisce anche il sistema politico argentino, spostando il peronismo dal centro di gravità istituzionale che ha mantenuto per decenni. Con appena il 31,6 per cento dei voti, la coalizione Fuerza Patria e i suoi alleati hanno registrato la loro peggiore performance in oltre vent’anni, un arretramento che rivela l’usura di un movimento incapace di costruire un’alternativa credibile di fronte all’avanzata dell’agenda liberale. La bassa partecipazione - 67,9 per cento, la più bassa dal ritorno alla democrazia nel 1983 - suggerisce tuttavia un clima di stanchezza civica che riguarda anche il governo, il cui successo si fonda più sulla frammentazione dell’opposizione che su un consenso plebiscitario.
Da un punto di vista politico, il voto conferma la concentrazione del potere presidenziale in un contesto di crescente centralizzazione. Milei, giunto alla Casa Rosada nel 2023 con una piattaforma antisistema, è riuscito a istituzionalizzare il suo progetto attraverso i meccanismi dello stesso sistema che intendeva scardinare. Il suo partito, nato ai margini delle strutture tradizionali, si trasforma ora nell’asse ordinatore della politica argentina, scalzando il peronismo e riducendo le altre forze a ruoli di contorno o di resistenza. La vittoria nella provincia di Buenos Aires, storica roccaforte giustizialista, simboleggia questo cambio d’epoca: il voto libertario si è esteso anche in territori dove lo Stato e le reti clientelari sembravano inespugnabili.
Tuttavia, il nuovo scenario non garantisce una governabilità priva di tensioni. Il presidente dovrà negoziare con un nucleo di legislatori centristi e con i governatori provinciali, ora diventati arbitri della politica nazionale. Secondo un rapporto di Bradesco BBI, il governo dovrà ottenere l’appoggio di 25 deputati e 12 senatori appartenenti a forze moderate o locali per approvare leggi chiave. Questa dipendenza obbliga Milei a moderare la sua retorica e ad adottare un pragmatismo politico in contrasto con il suo stile conflittuale. La sfida sarà dunque mantenere l’identità libertaria senza rinunciare al dialogo che il funzionamento del Congresso richiede.
L’effetto politico della vittoria si riflette anche sul piano economico. Secondo Goldman Sachs, la nuova composizione parlamentare rafforza la posizione istituzionale dell’esecutivo e amplia il margine per proseguire con le riforme strutturali. La possibilità di approvare una nuova legge di bilancio, insieme a iniziative di deregolamentazione e riforme del lavoro e delle pensioni, delinea una seconda fase di governo più orientata all’istituzionalizzazione del programma libertario che alla sua mera difesa retorica. Dal punto di vista politico, per la prima volta dal 1983 una maggioranza parlamentare argentina mostra l’intenzione esplicita di smantellare il modello statalista costruito nel XX secolo.
Ma la forza elettorale può trasformarsi in un peso se non si traduce in risultati concreti. La strategia di Milei è stata quella di governare attraverso lo scontro, e questa dinamica —efficace in campagna elettorale— potrebbe rivelarsi un ostacolo nella fase di consolidamento. L’opposizione peronista, benché indebolita, conserva roccaforti territoriali e capacità di blocco nelle province più popolose. I governatori, dal canto loro, difenderanno con pragmatismo le proprie risorse, potenzialmente in contrasto con la Casa Rosada. La politica argentina entra così in una fase di negoziazione permanente, in cui la stabilità dipenderà meno dall’ideologia e più dalla gestione del potere.
In una prospettiva più ampia, il processo elettorale del 2025 segna la chiusura di un ciclo politico e l’apertura di un altro. Dopo quarant’anni di democrazia, il peronismo smette di essere il perno del sistema e nasce un nuovo asse di potere fondato sul discorso liberale e sulla centralità presidenziale. Milei non ha soltanto riorganizzato il Congresso: ha modificato la grammatica del potere. La sua vittoria implica una mutazione culturale che trascende la congiuntura economica e propone un nuovo patto politico tra Stato e società.
La sfida del presidente, da ora in avanti, sarà trasformare quella legittimità in stabilità. Governare con un programma di austerità sostenuto dal consenso popolare è una contraddizione che metterà alla prova la tenuta sociale e la capacità di adattamento del sistema politico. Se Milei riuscirà a mantenere l’equilibrio tra autorità e consenso, l’Argentina potrebbe entrare in una fase inedita di riforme durature. Se invece il potere si trasformerà in imposizione e il dialogo in ostacolo, il ciclo libertario rischierà di ridursi a una breve parentesi nella lunga tradizione pendolare della politica argentina.