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Editoriali
Le vere ragioni dei viaggi in Israele dei funzionari americani
La pressione non si esercita solo sullo stato ebraico. Cosa manca per contenere Hamas
I Bibisitter, come vengono chiamati i funzionari americani di altissimo livello in visita in Israele, si danno il cambio. Prima la coppia Witkoff-Kushner, poi il vicepresidente J. D. Vance, infine il segretario di stato e capo della sicurezza nazionale Marco Rubio sono andati ad assicurarsi delle intenzioni primo ministro israeliano Benjamin (Bibi) Netanyahu. Le visite non sono state soltanto per controllare il governo e fare pressione sui deputati che si sono affrettati a votare l’annessione della Cisgiordania per questioni di politica interna – è una proposta di legge, il voto non ha nessun effetto – ma sono state importanti anche per studiare la situazione a Gaza.
Gli israeliani hanno condiviso con gli americani informazioni su Hamas che sa bene dove si trovano i corpi di alcuni ostaggi e sta soltanto rallentando la restituzione per frenare l’implementazione della seconda fase del piano che prevede il disarmo del gruppo. Hamas ha fatto i suoi calcoli, pensa di poter rimanere al potere e secondo alcune fonti starebbe anche mettendo bocca sui componenti del governo di tecnici che dovrebbe controllare Gaza.
Gli americani intanto marcano stretto il primo ministro Bibi Netanyahu (da qui Bibisitter), Donald Trump lo striglia in un’intervista al Time. La pressione c’è, ma in realtà le visite sono volte anche ad altro e mirano ad accelerare il processo di normalizzazione con gli stati arabi come l’Arabia Saudita, che il capo della Casa Bianca vuole concludere entro l’anno. In tutto questo sforzo spesso ci si dimentica di notare che gli accordi si fanno in due e finora chi li ha fatti fallire sono stati i terroristi. Il motivo è semplice: nessuno fa pressione su Hamas. Gli Stati Uniti dentro la Striscia non hanno mezzi per farlo, si fidano di Turchia e Qatar che però sono anche i maggiori sostenitori del gruppo. Non resta che cercare di rendere le normalizzazioni un dato di fatto, per questo si corre da Washington a Gerusalemme. L’annessione della Cisgiordania non ci sarà, è una distrazione, ma il problema Hamas resta ed è un pericolo.