Omar Diaby, aka Omar Omsen, in un fermo immagine di un documentario di France 2
arrendersi o arruolarsi
In Siria Sharaa dà la caccia a una milizia di francesi per dire: comando io
Dopo al Qaida e Isis, ora il presidente dichiara guerra anche a Omar Omsen, chiamato il “super jihadista”. Una guerra lunga oltre 10 anni contro gli altri combattenti islamisti per dire: comando io
Sottomettersi, senza condizioni. E’ l’ultimatum che le forze siriane danno in queste ore a una milizia islamista composta da foreign fighter francesi accampati a Harem, nel nord-ovest della Siria. Un’operazione dall’alto valore simbolico, perché dal 2013 a oggi in Siria, Ahmed al Sharaa – o Abu Muhammad al Julani come si faceva chiamare quando la sua autorità si limitava alla propria milizia, Hayat Tahrir al Sham (Hts) – è tra i personaggi più detestati dai jihadisti. Quando a Damasco c’era ancora Bashar el Assad, tutti, dallo Stato islamico alle milizie legate ad al Qaida, hanno finito per arrendersi al nuovo leader siriano. Una storia che continua anche ora che Julani è noto come Sharaa, il “moderato”. Tre giorni fa, nella provincia diventata la culla della deposizione del regime, è iniziata l’offensiva contro gli uomini di Omar Omsen, una sorta di leader spirituale che i suoi seguaci chiamano il “super jihadista”. Il governo di Damasco ufficialmente contesta il rapimento di una bambina da parte della milizia, ma dietro sembra ci sia qualcosa di più: l’intento è sbaragliare qualunque forza intralci i piani di al Sharaa.
La katiba, o milizia, dei francesi si chiama Firqat al Ghuraba, che significa “la banda degli stranieri” e rifiuta di integrarsi nell’84esima divisione delle Forze armate siriane, la stessa che in questi giorni circonda l’accampamento di Harem e che è composta soprattutto da combattenti del Partito islamico del Turkestan (Pit), che invece hanno accettato di unirsi a Hts. In molti, gli Stati Uniti fra tutti, chiedono ad al Sharaa di integrare le milizie straniere nelle Forze armate nazionali. Non è un’operazione semplice, perché quando arrivarono in Siria all’inizio della guerra civile, questi combattenti islamisti avevano intenzione di combattere una guerra santa transnazionale, che non si limitava a rovesciare Assad o ai confini siriani. Nei piani di alcuni di loro c’era la creazione di un governo radicalizzato a Damasco, in quelli di altri l’obiettivo era di tornare in patria, soprattutto in Asia centrale, per replicare le tecniche di combattimento e reclutamento apprese in Siria. Chi non intende integrarsi nelle Forze armate nazionali viene arrestato, come è successo qualche settimana fa con Abu Dujana al Turkistani, un altro foreign fighter molto influente, una specie di influencer armato di kalashnikov che sui suoi canali social rilanciava posizioni estremiste che avevano finito per creare imbarazzo alle autorità di Damasco.
Omar Omsen è fra questi foreign fighter irriducibili. Il suo vero nome è Omar Diaby, è nato in Senegal ed è emigrato a Nizza con la sua famiglia quando era ancora un bambino. Sembra che la sua radicalizzazione si sia compiuta durante una delle sue numerose incarcerazioni per reati minori. Finché nel 2013 è fuggito in Siria per diventare un muhajirin, nome di battaglia Omar Omsen, in sostegno alla guerra contro Assad. E’ noto come il “super jihadista” perché è uno dei principali reclutatori di foreign fighter al mondo, portando in Siria e in Iraq – secondo le autorità francesi – oltre l’80 per cento dei combattenti francofoni. Il suo strumento prediletto sono i social network, ovviamente, dove diffondeva video propagandistici di alta qualità sotto lo pseudonimo di “19 HH”, in onore dei 19 terroristi delle Torri gemelle.
L’offensiva contro Firqat al Ghuraba, che pure l’anno scorso ha partecipato alla rimozione di Assad al fianco di Hts, è la prima di questo genere da quando al Sharaa è diventato presidente ma si iscrive in un lungo elenco di guerre intestine combattute contro altri jihadisti dall’attuale presidente siriano quando era il comandante di Hts, prima ancora che il regime assadista cadesse. Oltre allo Stato islamico e ad al Nusra, a cui dichiarò guerra nel 2014, molte altre milizie sono state debellate o sottomesse perché non volevano accettare di dissolversi e unirsi a Hts. Tra queste ci sono Jund al Sham, composta dai ceceni del leader qaidista Umar al Shishani, e Jundallah, formata da turchi e azeri, entrambe eliminate nel 2021. Liwa al Aqsa, che combatté contro Julani una guerra sanguinosa e finì per implodere. E poi ancora Tanzim Hurras al Din, che era diretta emanazione di al Qaida in Siria ma fu combattuta da al Julani sin dal 2018 con il sostegno degli americani – sostegno che gli valse fra i jihadisti la nomea di “traditore” del jihad.
Ora potrebbe essere la volta di Omar Omsen, che in un comunicato ha accusato i servizi segreti francesi di essere i veri mandanti dell’offensiva di al Sharaa e che sta cercando di trattare per trovare un accordo, perché più delle carceri di Damasco teme l’estradizione in Francia. Quel che è certo è che Parigi non può che apprezzare la spedizione punitiva del presidente siriano. La sua lotta contro le ali più estreme, composte da gruppi che chiedono di non sopire le aspirazioni jihadiste originarie di Hts, ha un duplice significato per al Sharaa: affermarsi come leader indiscusso in Siria e dimostrare al resto del mondo che la sua abiura del jihad è genuina. Dopo avere revocato gran parte delle sanzioni contro la Siria, Europa e Stati Uniti osservano interessati.