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I bambini di Kharkiv, i bambini di Melania, i bambini rieducati. La battaglia contro il terrorismo russo
"Bring Kids Back" è l'iniziativa voluta dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky: ci sono quasi 20mila minorenni deportati in Russia, ogni settimana ne tornano in media una decina. Basta ascoltare la commissaria russa per i Diritti dei bambini Maria Lvova-Belova per comprendere l'istinto genocidario che guida la Russia in Ucraina
Quando suona la sirena che segnala missili e droni russi in arrivo, i ragazzini ucraini a scuola si fermano: se sono già in classe, vanno nei rifugi, se non sono ancora arrivati, il ritardo è giustificato. Si impara a studiare a singhiozzo, a riprendere la concentrazione in fretta, a riaddormentarsi veloci di notte, ad arrangiarsi se i genitori non arrivano in tempo a scuola o a cena, e i telefoni sono scarichi perché non c’è l’elettricità per caricarli. Due giorni fa a Kharkiv, i russi hanno colpito vicino a un asilo, i primi ad arrivare sono stati i soccorritori che sono usciti dall’edificio mezzo a pezzi con i bambini piccoli in braccio che gridavano di paura per l’attacco ma anche perché erano addosso a sconosciuti, che erano arrivati correndo e li avevano portati fuori correndo, e i genitori sono arrivati molto dopo.
La vita dei bambini ucraini è questa qui, piena di spaventi e di ritardi e di sonno – e non sai come prendere la piccola Olena che è stata via da Kyiv per un po’ di tempo e non riusciva a dormire di notte: c’era troppo silenzio, dice – e questa è la vita migliore che si possa avere oggi: l’altra è essere deportati in Russia. Ci sono quasi 20 mila minorenni che sono stati presi dalle loro famiglie o dagli orfanotrofi, dove erano finiti perché i russi li hanno resi orfani, e portati via – bambini da crescere come russi.
Per chi ancora non vuole capire che l’obiettivo di Putin non è misurabile in chilometri quadrati perché lui vuole estirpare l’identità ucraina, basta ascoltare Maria Lvova-Belova, la commissaria russa per i Diritti dei bambini che ha ricevuto un mandato di arresto internazionale, mentre racconta come ha rieducato Filip, il ragazzino ucraino che ha adottato, dopo averlo “incontrato” in uno dei suoi “viaggi umanitari” a Mariupol, la città ucraina bombardata, affamata, soffocata fino alla capitolazione, dove a giudicare dai cimiteri che si vedono nelle immagini satellitari ci sono stati, secondo le ultime agghiaccianti stime, 100 mila morti. Belova chiama “evacuazione umanitaria” quel che è un rapimento, il suo: Filip non voleva andare in Russia, continuava ad ascoltare musica ucraina, a leggere siti ucraini, e Belova lo ha rieducato, liquidando il fatto che un ragazzino ucraino si sentisse ucraino come una “crisi adolescenziale”, confermando così non soltanto le accuse internazionali ma l’istinto genocidario che guida la Russia in Ucraina.
Ogni settimana di queste migliaia di bambini deportati ne tornano in media una decina. “Bring kids back”, l’iniziativa voluta dal presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, pubblica i numeri dei ritorni con un “+” davanti, un altro bambino ritrovato è un’aggiunta, una festa, una commozione, e un lavoro di recupero. Il “+” più celebre è quello gestito dalla first lady americana, Melania Trump, che si è mobilitata per riportare a casa i bambini ucraini deportati: aveva scritto una lettera che suo marito aveva consegnato personalmente a Vladimir Putin quando si erano incontrati in Alaska ad agosto e aveva aperto un canale diretto con il presidente russo che ha portato al rientro di 8 bambini (quando ha annunciato la notizia, Melania ha smesso di utilizzare il termine “deportati” preferendo un più cedevole “sfollati”, con grande plauso russo). Una goccia nel mare della deportazione, ma gli ucraini hanno festeggiato e ringraziato, pazienza se la prima dama d’America poteva forse ottenere di più, come ripetono sempre: ogni centimetro di terra ucraina risparmiata dall’occupazione conta, ogni vita salvata conta. E ieri il ringraziamento è andato a Lindsey Graham e Richard Blumenthal, i due senatori americani che hanno costruito una proposta di legge bipartisan che ha una parte famosissima, quella relativa alle sanzioni (che Trump ha bloccato per mesi), e una che mette la Russia nella lista degli stati sponsor del terrorismo visto che non restituisce i 20 mila minorenni che “ha rapito” nelle aree ucraine occupate. Ieri la commissione Relazioni internazionali del Senato ha approvato questa seconda parte, mentre si muove la macchina amministrativa americana sulle sanzioni: si dice che la questione ucraina spacchi la capricciosa America, ma l’unico barlume di umanitarismo bipartisan è per i bambini ucraini.