I pettegolezzi su un incontro fra Trump e Kim Jong Un silenziati da una manciata di missili

Giulia Pompili

Dopo mesi di silenzio, la Corea del nord spara diversi missili a pochi giorni dal vertice Apec in Corea del sud. Il test arriva mentre Seul per la prima volta archivia ufficialmente l’idea di una riunificazione della penisola

Dopo mesi di relativa calma, la Corea del nord è tornata a lanciare missili. Ieri, quando nella regione erano le otto del mattino, da un’area nei pressi di Junghwa, a sud di Pyongyang, il regime di Kim Jong Un ha sparato “diversi” missili balistici a corto raggio (Srbm) verso nord-est. Secondo lo stato maggiore sudcoreano, i missili avrebbero percorso circa 350 chilometri e potrebbero essere caduti da qualche parte nella provincia nordcoreana di Hamgyong settentrionale piuttosto che nel Mar del Giappone, come avviene di solito. Di recente gli analisti avevano rivelato i lavori di costruzione di una nuova base militare missilistica nei pressi di Junghwa, camuffata da campo da golf. A fine agosto Kim aveva visitato una nuova “grande azienda produttrice di munizioni” che aveva inaugurato una nuova linea di produzione di missili.

 


L’industria degli armamenti nordcoreana ora è più  veloce ed efficiente. E i segnali, diplomatici e non, mostrano che il regime nordcoreano non ha nessuna intenzione di ridurre la sua produzione missilistica, anzi. Pyongyang ha implementato la sua industria di armamenti anche per far fronte alle richieste da parte di Mosca,  per rafforzare la capacità offensiva della Russia contro l’Ucraina. Ma il lancio missilistico di ieri è anche il primo sin dall’insediamento dell’Amministrazione sudcoreana di Lee Jae-myung, quattro mesi fa, e arriva a poco più di una settimana dal vertice tra capi di stato e di governo dell’Asia-Pacific Economic Cooperation (Apec) che si terrà il 31 ottobre e il 1° novembre prossimi a Gyeongju, in Corea del sud. E’ a margine di quel summit che il presidente americano Donald Trump dovrebbe incontrare per la prima volta il leader cinese Xi Jinping, ma da giorni circolano pettegolezzi sul fatto che il capo della Casa Bianca potrebbe voler tenere, con l’occasione, anche il suo quarto incontro con il dittatore nordcoreano Kim Jong Un. Seul ha sospeso le visite turistiche alla zona di Panmunjom, lungo il confine intercoreano, una decisione che ha alimentato le voci su un possibile incontro fra i due.  Il presidente sudcoreano Lee Jae-myung è su posizioni molto favorevoli: è considerato un aperturista nei confronti di Pyongyang, promuove una maggiore cooperazione con Corea del nord e Repubblica popolare cinese piuttosto che con l’America e l’occidente, ma anche per lui l’idea di una riunificazione della penisola coreana è ormai archiviata. Dopo che, qualche mese fa, Kim ha definito la Corea del sud un paese nemico (e quindi non più formalmente parte del proprio territorio), il mese scorso anche l’esecutivo di Seul ha adottato la formula dei “due paesi”. Un sondaggio pubblicato ieri dalla stampa sudcoreana ha mostrato che per la prima volta nella storia la maggioranza dei cittadini sudcoreani considera la “riunificazione” non necessaria. Se fino a poco tempo fa la speranza di un ammorbidimento del regime dei Kim poteva essere immaginato, oggi l’opinione pubblica ha cambiato idea prima della politica.

 


Durante il suo primo mandato, Trump ha incontrato Kim tre volte. Al di là della coreografia e delle foto storiche, a seguito di quei colloqui non c’è stato alcun miglioramento della posizione nordcoreana, per esempio sulla denuclearizzazione. Il patto con il Cremlino sull’assistenza alla guerra contro l’Ucraina e le immagini di Kim che cammina il 3 settembre scorso a Piazza Tiananmen al fianco di Xi Jinping e di Vladimir Putin sono una ulteriore dimostrazione del fatto che la Corea del nord non ha più bisogno di parlare direttamente con Washington. “Ritengo che la probabilità di un incontro dopo l’Apec sia molto bassa”, ha detto Kim Jae-chun, analista dell’Università di Sogang, a NK News, perché la situazione adesso è molto diversa da quella del 2019: “Il divario tra le due parti resta troppo ampio. E’ difficile immaginare un faccia a faccia finché la denuclearizzazione resta esclusa dal tavolo”. Un mese fa il New York Times aveva rivelato che dopo i vertici di Singapore e Hanoi fra il presidente americano e Kim Jong Un, Trump aveva dato il via libera a una missione segreta dei Navy Seal sulla costa della Corea del nord per piazzare un dispositivo elettronico capace di raccogliere informazioni sulle intenzioni di Kim Jong Un in vista dei negoziati con Washington. La missione, segretissima, era fallita dopo che i Seal avevano incontrato alcuni pescatori nordcoreani, uccisi dai militari. Non è ancora chiaro quanto la rivelazione abbia danneggiato le relazioni e i colloqui diretti fra America e Corea del nord. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.