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A BOGOTÀ

Trump accusa Petro di essere “un narco-presidente”. Crisi in Colombia

Maurizio Stefanini

Il presidente colombiano è debole e impopolare: tutte le sue riforme sono state bocciate, e lo stesso Consiglio di stato gli ha rimproverato di usare lo strumento del discorso presidenziale in modo “improprio”. Intanto il tycoon ha interrotto i sussidi e minaccia di alzare i dazi

Dopo Nicolás Maduro anche Gustavo Petro viene preso di petto da Donald Trump. Non c’è ancora sulla testa del presidente colombiano una taglia, come sul suo collega venezuelano. Ma l’accusa è di essere “un leader del narcotraffico che incoraggia fortemente la produzione di massa di droga, in campi grandi e piccoli, in tutta la Colombia. E’ diventato, di gran lunga, il più grande business della Colombia, e Petro non fa nulla per fermarlo, nonostante i pagamenti e i sussidi su larga scala degli Stati Uniti”. Motivo per cui questi pagamenti e sussidi sono stati interrotti: una decisione che, nello stile di Trump, è stata annunciata domenica sul suo social Truth. Attraverso Usaid, nel 2024 erano arrivati in Colombia 413 milioni di dollari, facendone il paese più beneficiato dagli Stati Uniti in America latina. Oltre a questo, ora Trump minaccia anche di aumentare i dazi contro Bogotá.

 

“Siamo nella quarta dimensione”, ha detto il ministro dell’Interno colombiano Armando Benedetti. E su una possibile aggressione militare americana contro la Colombia per “interessi nascosti” di Trump mette in guardia il senatore Iván Cepeda, candidato alle prossime presidenziali per il partito di governo, il Patto storico, fondato da Petro. Lo scontro è arrivato il giorno dopo che il governo americano aveva annunciato l’espulsione di un cittadino colombiano sopravvissuto alla “neutralizzazione” di una lancia presumibilmente carica di droga, mentre Petro lanciava l’allarme sulle possibili conseguenze dei recenti bombardamenti americani nel mar dei Caraibi. “I missili stanno probabilmente cadendo su imbarcazioni e pescatori colombiani. Sappiamo già che a Trinidad stanno cadendo anche sui pescatori”, ha dichiarato il presidente.

 

Pur avendo a suo tempo criticato sia la mancata consegna da parte di Maduro dei verbali delle presidenziali del 2025, sia le detenzioni di cittadini colombiani in Venezuela, Petro ha iniziato a criticare duramente la pressione americana su Caracas: “Pensano che sia un giochetto, che arriverà un’operazione, porterà via Maduro e basta, come se nulla fosse successo”, ha detto, accusando Trump di voler in realtà mettere le mani sul petrolio venezuelano. Ha anche definito la politica antidroga americana “una strategia fallita che ha lasciato un milione di morti in America latina”, ben prima dell’avvento di Trump. L’ambasciatore colombiano a Washington, Daniel García-Peña, è stato richiamato per consultazioni. “Il ministero degli Esteri della Colombia respinge le dichiarazioni offensive e denigratorie rivolte al presidente del popolo colombiano, Gustavo Petro, e la minaccia diretta alla sovranità nazionale lanciata dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, con cui accusa infondatamente il presidente colombiano”, si legge in un comunicato rilanciato anche dall’ambasciata in Italia. Il documento difende i successi nella lotta ai narcos e respinge “l’uso della cooperazione internazionale come strumento di ingerenza negli affari interni della Colombia”.

 

Petro, però, è un presidente debole e impopolare, divenuto un po’ una barzelletta per il modo in cui ha convocato in diretta tv il gabinetto per farsi vedere mentre litigava con i ministri, che peraltro ha sostituito tre volte in ogni singolo dicastero. Tutte le sue riforme sono state bocciate, e lo stesso consiglio di stato gli ha rimproverato di usare lo strumento del discorso presidenziale in modo “improprio”. Il clima in Colombia è tutt’altro che di solidarietà indiscussa con il capo dello stato. La deputata di opposizione Katherine Miranda, dell’Alleanza Verde, non certo una forza di destra, ha ricordato le provocazioni venute da Petro contro Trump: “Scena 1: i suoi seguaci attaccano l’ambasciata statunitense. Scena 2: Petro invoca un’insurrezione sul suolo americano. Scena 3: difende la dittatura di Maduro. Scena 4: abbraccia i narcotrafficanti sulle piattaforme e alla Casa di Nariño”. Con la prima accusa Miranda si riferiva a venerdì scorso, quando quattro poliziotti sono stati feriti a colpi di freccia durante una protesta davanti all’ambasciata americana. Con la seconda al discorso  di Petro all’Assemblea generale dell’Onu, quando aveva esortato i soldati americani a disobbedire agli ordini e a “puntare le armi contro i tiranni”. Poi Miranda ha ricordato l’ordine di Petro di coordinare le Forze armate colombiane con quelle venezuelane e alla politica di “Pace Totale” promossa dal governo, accusata di legittimare i gruppi armati mentre la popolazione civile continua a essere la vittima degli scontri che proseguono in tutto il paese, in parte condotti da gruppi considerati vicini a Maduro.

 

Tra i pre-candidati presidenziali dell’opposizione, l’ex ministro della Difesa Juan Carlos Pinzón ha accusato Petro di perseguire “una strategia deliberata per distruggere l’economia del paese”, mentre l’avvocato e commentatore politico Abelardo de la Espriella ha detto addirittura che, se eletto, “estraderà Petro negli Stati Uniti”.

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