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Il caso Nexperia in Olanda, i chip e il derisking permanente

Filippo Lubrano

Il commissariamento della società Nexperia segna la svolta dell’Europa nella difesa tecnologica: il governo olandese interviene sui chip “legacy” contro Pechino, bilanciando sovranità, sicurezza e mercato unico

La lotta geopolitica dei chip non si ferma a quelli di ultima generazione. Anche i chip cosiddetti “legacy”, quelli che non sanno fare soltanto a Taiwan hanno ancora una discreta valenza strategica. Lo dimostra il caso Nexperia, con il colpo di mano del governo olandese che una settimana fa ha preso il controllo dell’azienda di fatto sottraendola al controllo della cinese Wingtech l’azienda che lavora per il comparto automotive europeo. I chip di Nexperia non sono certo dei più sofisticati, ma vengono prodotti in grandi volumi, principalmente ad Amburgo, in Germania, e poi inviati in Cina per la fase di packaging e la successiva distribuzione nell’industria automobilistica globale. 

 

Tecnicamente, il governo – guidato dal dimissionario Dick Schoof – ha potuto compiere l’operazione grazie al Goods Availability Act, una norma del 2023 approvata dopo la pandemia che consente all’Aia di intervenire in qualsiasi settore considerato “essenziale per la sicurezza economica o la continuità produttiva del paese”, all’inizio pensata per garantire l’approvvigionamento di beni critici (energia, farmaci) e che poi è stata reinterpretata in chiave geopolitica, un po’ come il rafforzamento del Golden Power in Italia. E’ grazie a questa legge che il ministero dell’Economia olandese ha potuto nominare un “amministratore straordinario” per sostituire il management cinese di Nexperia, assumendo poteri decisionali sull’azienda “per prevenire rischi per la sicurezza nazionale”. E’ un atto di “autodifesa economica”, dunque, o almeno così lo chiamano all’Aia. Formalmente non si tratta di un’espropriazione, ma di una misura temporanea di tutela, simile a un commissariamento. 

 

Sabato scorso Nexperia China ha dichiarato di essere un’entità cinese “indipendente” e che i dipendenti di Nexperia in Cina “dovrebbero continuare a seguire le istruzioni di Nexperia China”. “Per quanto riguarda qualsiasi altra istruzione esterna che potreste aver ricevuto (...) avete il diritto di rifiutarla e il vostro atto non costituirà alcuna violazione della disciplina o delle normative sul lavoro”, si legge nel comunicato, chiarendo che i manager cinesi locali avrebbero preso in carico le operazioni in Cina.

 

Mentre l’Amministrazione americana spinge per escludere aziende cinesi dalle catene produttive sensibili, e la Cina risponde con restrizioni su materie prime e tecnologie, l’Europa si trova schiacciata: deve decidere se restare spettatrice o assumere un ruolo attivo. Il caso Nexperia è un segnale che l’Europa sta iniziando a compiere mosse autonome. L’intervento olandese non viola il mercato unico: è coordinato con Bruxelles e giustificato come misura di sicurezza nazionale. Dal 2020 l’Unione europea ha infatti introdotto un regolamento sul Foreign Direct Investment Screening, che permette agli stati membri di bloccare o condizionare acquisizioni straniere in settori “critici” (energia, difesa, semiconduttori, dati, infrastrutture digitali). Il caso Nexperia rientra perfettamente in questa categoria. Il problema è che la Cina non sembra aver intenzione di mollare la presa, e ha reagito definendo la mossa un “furto legalizzato”, minacciando di portare il caso all’Organizzazione mondiale del commercio.

 

Il precedente britannico della fabbrica Nexperia di Newport – obbligata nel 2022 a essere venduta per ragioni di sicurezza nazionale – aveva aperto la strada. Il caso olandese sembra però più sofisticato: non una espulsione dei proprietari cinesi, bensì un commissariamento legittimo. E l’idea che il mercato possa essere regolato come infrastruttura critica, al pari dell’energia o delle telecomunicazioni, segna il passaggio dalla globalizzazione al risk management permanente. Il messaggio è chiaro anche per l’Italia – sia sul Golden power sia nei riguardi della nuova legge sull’Intelligenza artificiale – e per il resto dell’Europa. Non basta invocare la “sovranità digitale”, bisogna dotarsi di strumenti concreti per difendere gli asset tecnologici, attirare investimenti senza diventarne ostaggio, bilanciare libertà di mercato e sicurezza nazionale, e l’Olanda ha trovato una formula che legalizza l’intervento statale senza trasformarlo in protezionismo.

Incastrate nel mezzo, le case automobilistiche temono intanto che si possano verificare carenze nelle loro catene di approvvigionamento prima che vengano trovate alternative se la situazione di stallo dovesse persistere.

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