
(foto Getty)
la giustizia di hamas
Dai gruppi studenteschi ai flottillisti: gli occidentali per le fucilazioni dei terroristi
Adesso, dopo la tregua su Gaza, ai pro Pal va bene anche che Hamas faccia strage di palestinesi. Giustificando le esecuzioni pubbliche per i cosiddetti collaborazionisti
Non appena l’esercito israeliano ha concluso la sua offensiva contro Hamas nella Striscia di Gaza nell’ambito del piano di pace di Donald Trump, i terroristi sono usciti dalle loro tane, hanno preso otto palestinesi, li hanno bendati e uccisi per strada in una delle scene più inquietanti dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Una dimostrazione della “giustizia nella Palestina libera”. “Mentre la gente ballava, si abbracciava, rideva e piangeva per le strade di Israele, Hamas a Gaza ha invitato la gente ad assistere all’esecuzione pubblica dei cosiddetti collaborazionisti”, ha osservato lo psicologo tedesco esperto di islam Ahmad Mansour.
Che le manifestazioni in occidente non fossero “filo palestinesi”, ma anti israeliane e anti ebraiche si era capito, ma ci mancavano ancora gli attivisti occidentali schierati a favore delle uccisioni di dissidenti di Gaza. Il medico del servizio sanitario nazionale del Regno Unito, Rahmeh Aladwan, ha detto che “ognuno” dei “collaborazionisti deve affrontare la giustizia”. L’ex lottatore di arti marziali Jake Shields ha approvato le stragi di Hamas perché “queste persone hanno tradito la loro nazione e la pena per il tradimento è la morte”. Il Samidoun Palestinian Prisoner Solidarity Network, i cui rappresentanti erano a bordo della flotilla, ha espresso approvazione per le uccisioni in un post su X. La fondatrice del Free Gaza Movement, Greta Berlin (sì, prima di Greta Thunberg c’era Greta Berlin), animatrice di molte flotille e battaglie mediatizzate, ha affermato che i giustiziati avevano rubato cibo e acqua e ucciso altri palestinesi mentre lavoravano per Israele, definendoli “traditori”. Il commentatore Scott Ritter, ex ispettore delle armi dell’Onu, ha affermato che “francesi e olandesi hanno fatto la stessa cosa ai collaborazionisti nazisti”. Anche il giornalista Richard Medhurst ha paragonato le esecuzioni alle azioni intraprese durante la rivolta del ghetto di Varsavia. “Storicamente, quando si è sotto occupazione militare straniera, il prezzo per aver collaborato con il nemico è la morte”, ha detto Medhurst. “Gaza non fa eccezione”. Nessuno ricorda il nome di Haidar Ghanem, il palestinese attivista dei diritti umani che lavorava per l’organizzazione israeliana pacifista Betselem. Ghanem è stato assassinato da Hamas. Era uno dei massimi attivisti dei diritti umani a Gaza, credeva nella coesistenza con gli ebrei, credeva nei diritti umani. Per gli islamisti, un lurido “collaborazionista”. E anche per i loro utili idioti. E chissà se lo avrebbero detto anche dei sunniti che in Iraq aiutarono la coalizione occidentale a liberarsi del giogo di al Qaida (sì, quegli occidentali stavano con la “resistenza irachena”, ma quella sbagliata). Un mese dopo il 7 ottobre, i palestinesi in Cisgiordania uccisero due uomini accusati di collaborare con le autorità israeliane e ne appesero i cadaveri come monito ai pali della luce. Students for Justice in Palestine, la nota organizzazione studentesca che negli Stati Uniti ha organizzato gli accampamenti e le occupazioni nei campus, ieri ha chiesto la “morte di tutti i collaboratori”. Il gruppo di attivisti ha pubblicato un’immagine in lutto per la morte di Saleh al Jafarawi, un noto influencer di Gaza che aveva apertamente celebrato l’attacco del 7 ottobre: “Morte all’occupazione. Morte al sionismo. Morte a tutti i collaborazionisti”. Studenti per il terrore in Palestina.