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Von der Leyen fa un passo indietro sulla Difesa europea. Il potere resterà agli stati membri
La presidente ha rinunciato a gran parte dell’ambizione per centralizzare il programma di riarmo. Il documento presentato dalla Commissione si limita a indicare quattro progetti faro su droni, frontiera orientale, difesa aerea e spazio, e a fornire un calendario sulle capacità militari critiche
Ursula von der Leyen ha rinunciato a indossare i panni del comandante in capo dell’Ue della Difesa europea. Nella “Roadmap sulla preparazione 2030” presentata dalla sua Commissione, la presidente ha rinunciato a gran parte dell’ambizione per centralizzare il programma di riarmo, destinato a mettere i paesi europei nelle condizioni di difendersi da una potenziale invasione della Russia tra cinque anni. Il documento si limita a indicare quattro progetti faro su droni, frontiera orientale, difesa aerea e Spazio, e a fornire un calendario sulle capacità militari critiche. Il potere sulla difesa resterà nelle mani degli stati membri. La gestione della deterrenza e della risposta alla Russia in quelle della Nato.
“Le recenti minacce hanno dimostrato che l’Europa è a rischio. Dobbiamo proteggere ogni cittadino e ogni centimetro quadrato del nostro territorio”, ha detto von der Leyen presentando la Roadmap sulla difesa. E’ “un piano chiaro con obiettivi condivisi e traguardi concreti nel nostro percorso verso il 2030. Perché solo ciò che viene misurato viene realizzato”. I progetti faro sono quattro: il muro di droni (ribattezzato “European Drone Defence Initiative”), l’Eastern Flank Watch (una linea difensiva fisica al confine orientale ispirato dall’East Shield della Polonia), lo scudo di difesa area e lo scudo spaziale (entrambi i progetti sono cari alla Germania). Secondo il documento della Commissione, i primi due dovrebbero ricevere il via libera del Consiglio europeo entro la fine dell’anno. Il muro di droni dovrebbe iniziare a operare alla fine del 2026 ed essere pienamente operativo entro il 2027. L’Eastern Flank Watch dovrebbe essere funzionante entro la fine del 2028. Lo scudo aereo e lo scudo spaziale di difesa dovrebbero essere lanciati come progetti per la difesa dell’interesse comune europeo entro il secondo trimestre del 2026. La Roadmap invita gli stati membri a formare delle coalizioni di capacità in tutti e nove i settori prioritari per la Difesa europea (dalle munizioni ai missili a lunga gittata, passando per il cyber). Entro il primo trimestre del 2026, gli stati membri dovrebbero istituire le coalizioni, individuare i paesi capofila e definire i piani di attuazione fino al 2030. I progetti faro e i programmi promossi dalla coalizione beneficeranno di un sostegno mirato dell’Ue, in particolare attraverso lo strumento di prestito Safe da 150 miliardi di euro e la politica di coesione. La Commissione propone inoltre un obiettivo sugli acquisti congiunti: entro la fine del 2027 almeno il 40 per cento degli appalti nella Difesa dovrebbero essere congiunti.
Al di là del ruolo di finanziatore e facilitatore della Commissione, non c’è molto di comunitario nella Roadmap di von der Leyen. Si tratta di “allineamento volontario attraverso il coordinamento”, spiega un funzionario dell’Ue: “Non creeremo un quartier generale alla Commissione per gestire una guerra. Questo non è il nostro lavoro”. La gestione degli acquisti congiunti sarà affidata ai governi nazionali o all’Agenzia europea di difesa, gestita direttamente degli stati membri e con cui la Commissione non ha niente a che fare. Ma anche come semplici “bancomat” del riarmo ci sono dei limiti. Il commissario alla Difesa, Andrius Kubilius, ha indicato la necessità di investimenti per 6,8 trilioni di euro entro il 2035. “Si tratta di un vero e proprio big bang per le finanze della difesa”, ha detto Kubilius. Sarà “basato principalmente sulla spesa per la difesa nazionale, che sarà più o meno cento volte superiore alla spesa per la difesa dell’Ue”. L’unica fonte di finanziamento aggiuntivo fornita dalla Commissione sono i prestiti di Safe. Alcuni stati membri e il presidente del Consiglio europeo, António Costa, avevano chiesto a von der Leyen di presentare altre opzioni nella Roadmap. Ma, con la Germania contraria, non c’è traccia di uno strumento di debito comune.