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Road map

La Difesa europea “è competenza nazionale”. Gli errori della Commissione

David Carretta

Ursula von der Leyen presenta la nuova road map per la Difesa con tutti i passaggi necessari per difendersi dalla Russia entro il 2030. Ma gli stati membri rivendicano il controllo del piano del riarmo per allinearsi con le esigenze dell'Alleanza atlantica

La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, domani presenterà una nuova road map sulla Difesa, che dovrebbe contenere gli obiettivi e il calendario per realizzare il riarmo necessario a preparare l’Ue a difendersi da una guerra della Russia entro il 2030. Ma chi sogna un’Europa della Difesa centralizzata e gestita da Bruxelles si illude. Gli stati membri sono determinati a riprendere il controllo del piano del riarmo e fare in modo che la road map di von der Leyen sia allineata con le esigenze della Nato. Il Consiglio europeo del 23 ottobre affiderà ai ministri della Difesa il compito di pilotare politicamente il rafforzamento della Difesa europea e all’Agenzia europea di difesa quello di portare avanti gli acquisti e i progetti congiunti sugli armamenti, sottraendolo dalle mani di von der Leyen.

 

La “Road map preparazione 2030” della Commissione fisserà le priorità più urgenti in termini di capacità. Dopo le incursioni di droni e Mig russi, l’attenzione è focalizzata sul cosiddetto “Muro antidroni”, sulla difesa aerea e sull’industria della Difesa. Il primo cambierà nome e sarà ribattezzato “European Drone Defence Initiative”. Per accontentare i paesi del sud, tra cui l’Italia, che si erano lamentati del fatto che il “Muro antidroni” era troppo orientato a est, la Commissione intende estenderne la portata a minacce non militari, come i flussi di migranti o le catastrofi naturali. Questa scelta mostra i limiti di affidare un tema come la difesa a un’istituzione – la Commissione – che non ha competenze né esperienze in materia. I compromessi politici diluiscono l’efficacia di un progetto di cui c’è urgente bisogno sul piano della sicurezza. 

 

Al vertice informale che si è tenuto a Copenaghen il primo ottobre, Ursula von der Leyen è stata criticata dai leader europei per il suo tentativo di accaparrarsi la Difesa. Alcuni leader hanno accusato la presidente della Commissione di “oltrepassare” le sue competenze, spiega al Foglio un diplomatico. “C’è senso di urgenza e volontà politica per fare di più collettivamente. Ma il messaggio molto chiaro da parte degli stati membri è che alla fine questa è una competenza nazionale”. Germania, Francia e Italia hanno sottolineato che tocca alla Nato prendere le decisioni sulle capacità militari. “I grandi stati membri che hanno eserciti, risorse finanziarie e industria contestano il ruolo della Commissione”, dice una prima fonte. “La Nato ha i piani, ha gli obiettivi di capacità, ha il personale. Non c’è ragione di duplicare”, aggiunge una seconda fonte. 

 

Al Consiglio europeo del 23 ottobre il tema della governance della Difesa europea sarà al centro della discussione tra i capi di stato e di governo: chi prende le decisioni sul riarmo. “I leader vogliono tenere le redini”, spiega un funzionario. La bozza di conclusioni del vertice dà ai ministri della Difesa, non alla Commissione, il compito di svolgere il “controllo e coordinamento politico per verificare i progressi e intensificare il lavoro” sul riarmo. L’obiettivo è creare una cultura della Difesa europea analoga a quella che si è sviluppata tra i ministri (e i ministeri) della Difesa nella Nato. Una prima esercitazione sarà fatta domani a Bruxelles, con una riunione straordinaria dei ministri della Difesa presieduta dall’Alto rappresentante, Kaja Kallas, dopo che gli stessi ministri si saranno incontrati nel quartier generale della Nato. 

 

Il Consiglio europeo della prossima settimana dovrebbe anche decidere se sottrarre gli acquisti congiunti di armi alla Commissione. “Il lavoro sulle aree di capacità prioritarie identificate a livello di Ue deve essere reso operativo, con il sostegno dell’Agenzia europea di difesa (Eda)”, dice la bozza. Gli stati membri sono chiamati ad accelerare su “sviluppo, produzione e acquisti congiunti” di armi “con il sostegno dell’Eda”, utilizzando i 150 miliardi di prestiti forniti dalla Commissione attraverso lo strumento Safe. L’Eda è un’agenzia intergovernativa, su cui la Commissione non ha potere. Sono gli stati membri a prendere le decisioni al suo interno. “E’ molto più rassicurante per le capitali”, dice il funzionario.

 

Il Consiglio europeo non sarà il Big bang dell’Europa della Difesa. Il processo è ancora lungo e l’Ue ha raggiunto i limiti di ciò che può fare attraverso i trattati. La Commissione ha già forzato la mano, usando la politica industriale come grimaldello per superare il divieto di acquistare armi con il bilancio dell’Ue. Ma, anche se nella sua versione intergovernativa, la Difesa europea avanza. Nella prima metà dell’anno sono state concordate dai leader le nove aree di capacità prioritarie: difesa aerea e missilistica, sistemi di artiglieria, sistemi di fuoco avanzati e missili di precisione a lungo raggio, munizioni e missili, droni e sistemi antidrone, mobilità militare, intelligenza artificiale e guerra quantistica, cibernetica ed elettronica, abilitatori strategici, risorse spaziali e guerra elettronica. Con lo strumento di prestito Safe sono stati trovati alcuni finanziamenti (troppo pochi, secondo i critici). Ciò che manca ancora è una cultura strategica comune e una percezione comune della minaccia rappresentata dalla Russia. Ma non sarà una direttiva della Commissione a imporle a tutti i Ventisette.