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In Francia
Per salvare governo e bilancio, Lecornu sacrifica la riforma delle pensioni
Il primo ministro va incontro alla richiesta dei socialisti affinché non votino le due mozioni di censura. Ma non cede sull'introduzione della taxe Zucman: "Ciò che vi propongo è di trovare una strada comune, nonostante le divergenze”
Sébastien Lecornu sta parlando da venti minuti quando dal pulpito del Palais Bourbon, la sede dell’Assemblea nazionale, fa l’annuncio più importante per la tenuta del suo governo: la sospensione della riforma delle pensioni, una delle condizioni poste dal Partito socialista (Ps) per non votare la sfiducia e far cadere il quinto esecutivo in meno di due anni. “Proporrò al Parlamento in autunno di sospendere la riforma delle pensioni del 2023 fino alle elezioni presidenziali. Non ci sarà alcun aumento dell’età pensionabile da ora fino a gennaio 2028, come richiesto specificamente dalla Cfdt (il sindacato della sinistra riformista ndr)”, ha dichiarato il primo ministro francese durante il suo discorso di politica generale, applaudito dalla maggior parte dei deputati socialisti al momento dell’annuncio, compreso il primo segretario Ps, Olivier Faure.
Per non perdere la fiducia dei gollisti, che non parteciperanno al governo ma non aderiranno alle due mozioni di censura della France insoumise (estrema sinistra) e del Rassemblement national (estrema destra) che verranno votate giovedì, Lecornu ha sottolineato che “sospendere per sospendere non ha alcun senso” e sarebbe “irresponsabile” se non prefigura alcun cambiamento. Ecco perché la sospensione della riforma, che costerà 400 milioni di euro nel 2026, dovrà “essere compensata da risparmi” e “non risolversi in un aumento del deficit”.
La sospensione della riforma delle pensioni non è stato l’unico messaggio di Lecornu in direzione delle sinistre. “Ho inserito nel bilancio della Sécurité sociale (l’insieme degli istituti dello stato sociale francese, sanità, vecchiaia, famiglia, infortuni sul lavoro, ndr) un miglioramento delle pensioni delle donne”, ha annunciato il capo dell’esecutivo, accogliendo un’altra richiesta dei socialisti, ago della bilancia del Lecornu bis. Il premier, che ha presentato all’Assemblea nazionale la proposta di manovra finanziaria e il disegno di legge allegato al bilancio sul finanziamento della Sécurité sociale per il 2026, non ha invece ceduto all’altra pretesa del Ps: l’introduzione della “taxe Zucman”, un’imposta annuale del 2 per cento sui patrimoni superiori ai 100 milioni di euro che toccherebbe circa 1.800 contribuenti. Lecornu, tuttavia, ha promesso di “regolamentare l’ottimizzazione fiscale” e di creare “un contributo eccezionale per i patrimoni elevati”, senza però che “il patrimonio professionale venga colpito”, a differenza di quel che preconizza la tassa Zucman. Inoltre, ha inserito nella legge di bilancio un’imposta sul patrimonio finanziario delle holding familiari, che dovrebbe garantire alle casse dello stato 1,5 miliardi di euro. “Il dibattito fiscale deve essere anche un dibattito sull’occupazione e sulla crescita, motivo per cui non sono favorevole a colpire il patrimonio professionale”, ha dichiarato Lecornu.
La rinuncia al 49.3, l’articolo-salvagente della Costituzione che permette di approvare una legge scavalcando il voto del Parlamento, era già stata annunciata durante le negoziazioni per la formazione del suo primo governo – quello durato una notte, il più effimero della Quinta Repubblica – ed è stata confermata. “E’ la garanzia per l’Assemblea nazionale che il dibattito proseguirà, arriverà fino in fondo, fino al voto”, ha affermato Lecornu, ripetendo sette volte nel corso del discorso questa formula: “Il governo proporrà, noi dibatteremo, voi voterete”.
Attaccando quelli che “vorrebbero che questa crisi parlamentare si trasformasse in una crisi di regime”, Lecornu si è presentato come il primo ministro di “un governo di scopo”. “E’ urgente ridare un senso alla politica, ripristinare la fiducia nella politica, rispettare gli impegni di ciascuno, compresi quelli dell’opposizione. La vera democrazia consente a chi non è d’accordo di lavorare insieme, senza rinnegare le proprie convinzioni”, ha affermato il premier, prima di aggiungere: “Ciò che vi propongo è di trovare una strada comune, nonostante le divergenze”. I 69 deputati socialisti, che hanno celebrato la sospensione della riforma delle pensioni come “una prima vittoria”, non voteranno giovedì la mozione di censura degli ormai ex alleati della France insoumise, la gauche radicale di Jean-Luc Mélenchon. Il Lecornu bis, per ora, sopravvive. E l’obiettivo di dotare la Francia di un bilancio per il 2026 entro il 31 dicembre non sembra più una missione impossibile.


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