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Lo scenario
Milei e il soccorso Usa: un ponte verso le riforme o l'instabilità?
Il salvataggio americano fornisce ossigeno finanziario immediato, ma non sostituisce il lavoro politico che sarà deciso alle urne. Infatti a fine ottobre si terranno le elezioni legislative, un test di metà mandato che definirà il margine di manovra del governo
L’annuncio del segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Scott Bessent, che ha confermato il sostegno all’Argentina con uno swap da 20 miliardi di dollari e acquisti diretti di pesos sul mercato dei cambi, segna un punto di svolta nella crisi politica ed economica esplosa dopo la sconfitta del governo Milei nella provincia di Buenos Aires. La portata e la rapidità dell’intervento sono senza precedenti: per la prima volta nella storia, Washington si è trasformata nel garante dei pagamenti del debito argentino e, inoltre, interviene attivamente sul mercato valutario locale.
La sequenza che ha portato a questo salvataggio è iniziata con la netta vittoria del peronismo nelle elezioni della provincia di Buenos Aires del 9 settembre. Il risultato ha generato uno shock di aspettative simile a quello delle primarie del 2019 perse dall’allora presidente Maurcio Macri: fuga verso il dollaro, caduta del Merval (indice azionario argentino) di circa il 20 per cento e una Banca centrale priva di riserve, costretta a vendere oltre 1,1 miliardi di dollari in tre giorni. L’economia portava già squilibri strutturali: senza accesso ai mercati, con riserve nette minime, deficit esterno e nessun flusso di investimenti. Il rischio-paese si impennava e i bond crollavano. In questo contesto, il presidente Javier Milei non aveva margini: si è rivolto direttamente al Tesoro statunitense, che ha risposto in poche ore con un pacchetto che cambia radicalmente la mappa finanziaria argentina.
Sul piano economico, il Tesoro Usa non solo garantisce i pagamenti del debito fino al 2027, ma stabilisce di fatto anche il prezzo del peso: il dollaro ufficiale ha chiuso a 1.420 pesos, livello determinato dalla potenza di fuoco di Washington. Parallelamente, l’accordo impone alla Casa Rosada di mantenere la disciplina fiscale e rispettare gli impegni con il Fmi, tra cui l’accumulo di riserve. Sul piano politico, il sostegno nordamericano mira a consolidare l’“esperimento Milei” come riferimento regionale di fronte ai progetti populisti del “socialismo del XXI secolo”. Tuttavia, la sostenibilità del programma dipende dalla governabilità interna. Ed è qui che sorgono i dubbi. Il segnale proveniente da Washington ha avuto un effetto immediato: il Merval è rimbalzato dell’11 per cento in un solo giorno, il rischio-paese è crollato a 902 punti e i bond in hard dollar hanno recuperato terreno, portando i rendimenti nella fascia del 13-16 per cento. Gli investitori hanno interpretato che lo scenario di “game over” per l’Argentina – una corsa finale con collasso del mercato e rischio-paese fuori controllo — è stato, almeno per ora, escluso.
Il grande interrogativo è politico. Il 26 ottobre si terranno le elezioni legislative, un test di metà mandato che definirà il margine di manovra del governo. Secondo i sondaggi La Libertad Avanza, il partito di Milei, si aggira intorno al 35-36 per cento delle intenzioni di voto e, sommando il Pro (il partito alleato di Macri), raggiunge il 39 per cento: abbastanza per mantenere lo “scudo legislativo” che impedisce l’impeachment, ma molto lontano dalla maggioranza necessaria per fare le riforme strutturali. Ciò significa che, dopo le elezioni, Milei dovrà negoziare con governatori e blocchi provinciali per far avanzare la sua agenda. Un accordo ampio potrebbe permettere riforme del lavoro, fiscali e di semplificazione tributaria, ma progetti più dirompenti come la riforma delle pensioni incontreranno forte resistenza. Gli analisti concordano sul fatto che non si tratti di un vicolo cieco, ma di un cambio di dinamica: la governabilità sarà pragmatica e transazionale. Ogni legge dovrà essere negoziata con le province, che già emergono come arbitri centrali del Congresso.
Il salvataggio Usa fornisce ossigeno finanziario immediato, ma non sostituisce il lavoro politico che sarà deciso alle urne. Se Milei riuscirà a mantenere il suo potere di veto (un terzo dei seggi) e tessere alleanze, il programma potrà riprendere con consensualità graduali. In caso contrario, l’aiuto di Washington sarà solo un ponte verso un futuro di maggiore instabilità.
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