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Editoriali

La festa che la Cina voleva cancellare

Redazione

Lo staff dell'ambasciata cinese voleva che l'hotel romano che avrebbe ospitato il ricevimento per la celebrare la festa nazionale di Taiwan cancellasse l'evento. Lì avrebbe dovuto dormire il ministro degli Esteri di Pechino, ma l'hotel ha detto di no 

Mercoledì sera, a Roma, c'è stato il ricevimento per celebrare la festa nazionale di Taiwan, in contemporanea con molte altre rappresentanze taiwanesi nel mondo. A quella romana, l'altra sera, c'erano diversi rappresentanti della politica, dalla senatrice forzista Licia Ronzulli al deputato leghista Paolo Formentini, e poi il senatore ora di Fratelli d'Italia Lucio Malan, il senatore di Italia Viva Enrico Borghi, il deputato di Fratelli d’Italia Giangiacomo Calovini – nessun rappresentante del governo, come avviene di solito invece ai ricevimenti dell'ambasciata della Repubblica popolare cinese. L’aspetto interessante, quest’anno, è che la festa romana di Taiwan stava per saltare: come anticipato da questo giornale, martedì l’hotel Parco dei Principi del quartiere Parioli ha ricevuto una telefonata dallo staff dell’ambasciata cinese.

 

La delegazione guidata dal ministro degli Esteri di Pechino, Wang Yi, stava per arrivare in visita in Italia, voleva alloggiare nel solito hotel, ma la festa dell’isola che la Repubblica popolare cinese rivendica come proprio territorio non si poteva certo tenere mentre Wang dormiva al piano superiore. Così l’hotel ha chiamato l'ambasciata taiwanese e ha detto: abbiamo un problema, dovete spostare la data del vostro ricevimento. Come ha spiegato l’ambasciatore, pardon, il rappresentante di Taiwan in Italia, Tsai Yun-chung, durante un evento l’altro ieri in Senato sulle ingerenze cinesi in Italia, la rappresentanza ha considerato “inaccettabile” la proposta, anche perché la sala era stata prenotata e pagata da mesi. Alla fine, Wang Yi e il suo staff hanno alloggiato altrove. E’ una piccola vittoria del diritto, e una lezione sui sistemi democratici che hanno gli strumenti per fermare il bullismo cinese se c’è la collaborazione di tutti, per questioni di principio e non economiche – l’hotel avrebbe guadagnato sicuramente di più dalla delegazione cinese, ma ha scelto di fare la sua parte. Ed è una notizia che vale la pena pubblicare, per non cadere nella trappola nell’autocensura sulle pressioni cinesi.

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