La stretta di mano tra al Thani e Nitzan Alon

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Il premier del Qatar, al Thani, è l'alleato razionale che ora stringe la mano agli israeliani

Luca Gambardella

L'attacco di Doha sembrava dovesse chiudere definitivamente i negoziati su Gaza. È andata in senso opposto, dopo le scuse di Netanyahu

Su tutte, è una l’immagine diventata virale dei colloqui di Sharm el Sheikh fra Israele e Hamas. E’ quella che mostra il primo ministro del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim al Thani, che stringe la mano sorridente a Nitzan Alon, il generale israeliano in pensione che ha condotto le trattative per la liberazione degli ostaggi. Sono passati appena dieci giorni da quando Donald Trump e Benjamin Netanyahu, seduti nello Studio ovale a Washington durante la visita del premier israeliano, si sono fatti ritrarre mentre erano al telefono con al Thani. Bibi compare curvo a leggere da un foglio di carta le scuse da porgere al suo omologo qatarino per l’attacco fallito a Doha, quello che il 9 settembre aveva colpito la leadership di Hamas uccidendo sei persone. Politico aveva anche rilanciato la notizia – smentita seccamente dal governo israeliano – che le parole su quel foglio  le avessero suggerite i qatarini agli americani, i quali si sarebbero  assicurati che Netanyahu le scandisse bene durante la telefonata alla presenza di Trump. Fu il presupposto che anticipò l’annuncio del piano di pace americano per Gaza.

L’accordo tra israeliani e Hamas per Doha è un modo per testimoniare agli americani di essere un alleato razionale e di avere saputo scegliere per la moderazione persino di fronte all’affronto di un attacco israeliano. Al Thani ha resistito alla tentazione di una reazione intransigente, che l’avrebbe spinto del tutto tra le braccia dell’altro grande alleato di Doha, Recep Tayyip Erdogan, che tuonava contro Israele definendolo “stato terroristico” e che spingeva perché il Qatar facesse come la Turchia, tagliando i ponti definitivamente con Israele. Al Thani ha invece scelto di preservare lo status quo, rinunciando a uno scontro aperto con Israele coalizzando i paesi del Golfo. Dietro a questa decisione ci sono sempre gli Stati Uniti, che in Qatar controllano la più grande base militare americana del Golfo, quella di al Udeid.

Le scuse ricevute da Netanyahu e l’ordine esecutivo siglato da Trump a settembre, in cui ha ribadito il proprio impegno ad assicurare “la sicurezza e l’integrità territoriale del Qatar contro qualsiasi attacco esterno”, sono quel che al Thani aveva chiesto perché tornare al tavolo dei negoziati, dalla parte dei mediatori. 

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.