Ansa

L'editoriale dell'elefantino

Il tema rimosso della vittoria di Israele

Giuliano Ferrara

Sproporzione, sì. Ma si sarebbe mai arrivati agli spiragli di pace senza la vittoria sul campo contro Hamas?

La sproporzione, d’accordo. Ma dov’è la vittoria? Il 7 ottobre è stato ricordato con vera compassione, e con l’attualità di un trauma che non passa, e con vera ipocrisia, il trauma accettabile di un pogrom archiviato dall’accusa temeraria e falsa di genocidio. Lasciamo perdere per un momento quelli che si compiacciono a buon prezzo ideologico della loro integrità morale, stanchi come sono di tutto questo chiasso sui trucidati, sui rapiti, sugli ostaggi. Cerchiamo di capire che cosa manca al quadro politico delle commemorazioni, non quelle dolorose e autentiche, quelle evanescenti che stabiliscono l’equivalenza tra le vittime di una guerra, un popolo usato come scudo da una banda di terroristi, e gli assassinati della caccia all’ebreo e i sopravvissuti presi, internati e torturati nei tunnel, un’equivalenza formulata in nome della fantomatica “sproporzione”. Manca la questione della vittoria.

 

Nessuno tra i benpensanti umanitari accetta la realtà, due anni dopo: una pacificazione è possibile, e il negoziato è in corso, solo perché la sproporzione ha generato una vittoria politica e militare che offende la buona coscienza antisionista e la coscienza sporca degli antisemiti fiancheggiatori della guerra santa, l’alluvione di al Aqsa, l’eccidio razziale. Lo ha detto Michael Oren, storico diplomatico e politico israeliano: “Israele ha preso il controllo della regione da cui è minacciato”. Due anni di guerra, con i lutti e i massacri che le guerre si portano dietro in un fiume di orrore straziante, hanno prodotto le condizioni delle trattative in corso per la liberazione degli ostaggi, punto primo, e tutto il resto. Nessuno al mondo avrebbe potuto mettere insieme la vasta coalizione che oggi preme su Hamas per la sua resa a discrezione, pur tra mille trappole e doppi giochi, se l’Asse cosiddetto della resistenza, cioè l’Asse del male, non fosse stato colpito con la precisione, la durezza e lo sproporzionato impiego della forza che conosciamo. Il nucleare iraniano colpito, il Partito di Dio di Nasrallah liquidato, il clan Assad caduto, lo stato maggiore e i battaglioni di Hamas eliminati: tutto questo, che è la premessa dei negoziati di pace in Egitto, sarebbe stato possibile senza la sproporzione bellica, fino all’accerchiamento a Gaza City dei resti dell’esercito del terrore?

 

Si sarebbe mai arrivati a uno spiraglio per la pacificazione e per un percorso di stabilizzazione, per la liberazione di Gaza da Hamas, senza la vittoria sul campo, e su diversi fronti, dell’autodifesa esistenziale di un paese e di un esercito che dovevano “prendere il controllo” della regione che lo minaccia? Non è una domanda retorica né una domanda cinica. Definire la vittoria di Israele, e riconoscerla per quello che è senza alcun compiacimento, non rimuove la tragedia, l’inevitabile, e la sciagura dei palestinesi, ma conferisce senso storico e verità politica al tempo di Gaza, come si dice. Può essere che non ci sia più bisogno della nozione di storia e di politica, e che tutto si possa risolvere con la buona coscienza procedurale del diritto internazionale e di altre gesticolazioni e buone intenzioni più o meno sincere, ma c’è da dubitarne. 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.