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Prestito di riparazione
Mentre Putin si accanisce su Kyiv, gli europei corrono contro il tempo per trovare 140 miliardi di euro
Bruxelles rinvia di nuovo il “giorno della decisione” sull’Ucraina. Il "prestito di riparazione" sarebbe finanziato con gli attivi sovrani congelati della Russia, ma ci sono i veti dell'Ungheria e le obiezioni della Banca centrale europea
Quasi 500 droni e 53 missili russi hanno colpito l’Ucraina nella notte tra venerdì e sabato nella nuova campagna lanciata da Vladimir Putin per distruggere le infrastrutture civili e cercare di piegare la resistenza ucraina durante l’inverno. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha chiesto di instaurare unilateralmente uno scudo aereo che permetta di proteggere gli ucraini. Un’occasione per discuterne potrebbe essere la riunione del 15 ottobre della “coalizione Ramstein”, il gruppo formato da una cinquantina di paesi che fornisce aiuti militari l’Ucraina. Ma gli europei sono impegnati in un’altra corsa contro il tempo: trovare 140 miliardi di euro per evitare il collasso dell’Ucraina con un “prestito di riparazione” finanziato con gli attivi sovrani congelati della Russia.
Il “prestito di riparazione” è stato annunciato da Ursula von der Leyen nel suo discorso sullo stato dell’Unione del 10 settembre. La presidente della Commissione ha accettato il principio di utilizzare gli attivi sovrani russi congelati, un tesoro da 210 miliardi di euro detenuto da diversi istituti finanziari europei, per finanziare direttamente l’Ucraina. La svolta è arrivata dopo la benedizione del cancelliere tedesco, Friedrich Merz, che alcuni giorni dopo ha pubblicato sul Financial Times un intervento a sostegno della confisca dei beni russi. L’urgenza è legata alla situazione finanziaria di Kyiv. Secondo le stime del Fondo monetario internazionale, c’è un buco di bilancio di 60 miliardi di dollari per il biennio 2026-27. Senza contare le spese per la Difesa: altri 60 miliardi l’anno in una situazione di guerra o 25 miliardi in una situazione di pace armata. La Commissione ha calcolato un fabbisogno finanziario complessivo di 80 miliardi di euro l’anno per il prossimo biennio. “Non fornire sostegno probabilmente porterebbe al collasso dell’Ucraina, che esporrebbe l’Europa a un grave rischio di sicurezza”, spiega al Foglio un alto funzionario della Commissione.
Eppure, al vertice informale dell’Ue a Copenaghen la scorsa settimana, la proposta di von der Leyen di un “prestito di riparazione” da 140 miliardi di euro ha sollevato opposizione, scetticismo e interrogativi. A partire dal Belgio, il paese in cui ha sede Euroclear, l’istituto finanziario in cui è immobilizzata gran parte degli attivi russi: 185 miliardi di euro. Il governo belga teme cause legali da parte della Russia e di essere obbligato a restituire tutto l’ammontare. Gli altri paesi in cui sono immobilizzati attivi sovrani – come il Lussemburgo – sono scettici. Anche la Banca centrale europea ha sollevato obiezioni legate alla credibilità internazionale dell’euro e alla stabilità finanziaria. La Commissione nega che con il “prestito di riparazione” ci sarà una confisca degli attivi sovrani russi, evitando così di violare il principio dell’immunità sovrana degli stati. Euroclear, che attualmente deposita il contante russo presso la Bce, sarebbe chiamata a investirlo in titoli emessi dalla Commissione. Quel denaro verrebbe trasferito all’Ucraina nella forma di un prestito senza interessi, da rimborsare una volta che la Russia avrà pagato le riparazioni della guerra. Nel frattempo, la Russia rimarrebbe formalmente titolare di un credito nei confronti di Euroclear.
Le obiezioni del Belgio sono probabilmente le più facili da superare. La costruzione del “prestito di riparazione” implica altre innovazione che diversi stati membri potrebbero rifiutare. La prima riguarda la necessità che gli stati membri forniscano la garanzia del prestito, nel caso in cui l’Ucraina non riesca a rimborsarlo o – cosa più probabile – le sanzioni che tengono gli attivi russi congelati non vengano rinnovate. L’Ungheria di Viktor Orbán ha già minacciato due volte di mettere il veto alla proroga delle sanzioni. La Commissione propone di passare al voto a maggioranza sulla base del fatto che il Consiglio europeo si è già impegnato a tenere gli attivi russi congelati fino a quando la Russia non avrà posto fine alla guerra e pagato le riparazioni. Ma rinunciare all’unanimità e passare alla maggioranza qualificata sulle sanzioni “non è un passo che tutti (gli stati membri) vogliono fare alla leggera”, riconosce l’alto funzionario della Commissione: “E’ qualcosa che non è stato fatto in precedenza. E’ davvero rivoluzionario”. L’altro ostacolo è costituito dalla garanzia del 100 per cento del prestito da parte degli stati membri: paesi ad alto debito come Italia e Francia si ritroverebbero appesantiti da decine di miliardi di euro di passività. Emmanuel Macron ha chiesto che sia il bilancio dell’Ue a fornire le garanzie. Ma, secondo la Commissione, non ci sono margini da utilizzare.
La proposta formale di un “prestito di riparazione” sarà presentata dalla Commissione dopo il Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre. Il “giorno della decisione” sull’Ucraina promesso dal suo presidente, António Costa, per il vertice di fine mese sarà di nuovo rinviato. Dopo quelle di Leopoli, Ivano-Frankivsk, Zaporizhzhia, Chernihiv, Sumy, Kharkiv, Kherson, Odessa e Kirovohrad nel fine settimana, altre infrastrutture civili saranno distrutte. “I russi hanno nuovamente preso di mira le nostre infrastrutture, tutto ciò che garantisce una vita normale al nostro popolo”, ha detto Zelensky domenica, denunciando la mancanza di “reazione reale dal mondo”.


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