La lady di ferro del Giappone è una metallara che vuole governare tutto a destra

Giulia Pompili

Tra una settimana Sanae Takaichi sarà la prima capa di governo della storia nipponica

Non poteva che essere lei, la prima donna a guidare un governo giapponese: Sanae Takaichi, chiamata la “lady di ferro” giapponese perché da sempre rivendica la sua ammirazione per Margaret Thatcher, ha vinto sabato le primarie per guidare il Partito liberal democratico, che quasi ininterrottamente governa il Giappone  dal Dopoguerra e che sta attraversando il suo periodo più complicato, minacciato da scandali interni e da un’opinione pubblica sempre più incline ai populismi. L’arrivo dell’estrema destra nel panorama politico nipponico, con la vittoria di diversi seggi nella Dieta, ha costretto la leadership del partito a spostare l’attenzione sulla fazione più nazionalista, quella che era legata all’ex primo ministro Shinzo Abe. Il favorito della destra liberale – e dall’attuale primo ministro dimissionario, Shigeru Ishiba, che ha governato soltanto per un anno – era Shinjiro Koizumi, il giovane 44enne figlio d’arte che ancora una volta non è riuscito a convincere: su cinque candidati, non ha raccolto  voti sufficienti contro Takaichi. E così il 15 ottobre prossimo, quando ci sarà il voto della Dieta, la lady di ferro giapponese sarà quasi sicuramente confermata anche premier. Intanto la Borsa di Tokyo l’ha premiata: ieri mattina era la seconda al mondo dopo New York, grazie anche alle dichiarazioni di Takaichi che ha promesso un ammorbidimento delle politiche di austerità e più spesa (“L’obiettivo è raggiungere la crescita economica, non la salute fiscale”, ha detto durante un dibattito). 

 


Era la terza volta che ci provava, a guidare un governo: con un curriculum simile a molti altri suoi colleghi uomini, sempre vicina alla fazione Abe, Takaichi è una rockstar della destra nel vero senso dell’espressione, batterista e cantante di band che facevano cover dei Deep Purple, degli Iron Maiden e degli X Japan. E’ soprattutto una sostenitrice della tradizione e della cosiddetta “famiglia tradizionale” e delle regole che in Giappone, paese dalla tradizione patriarcale, la distinguono: è stata una sostenitrice della legge che obbliga un unico cognome alle coppie sposate, quasi sempre quello dell’uomo. Lei però ha sposato, divorziato e poi risposato Taku Takaichi, che ha preso il cognome di lei in un caso rarissimo nella società giapponese. Originaria di Nara, dice spesso di essere “nativa dell’antica terra di Yamato”, in un riferimento continuo alla tradizione, e però sa usare sia il dialetto del Kansai sia quello di Tokyo. Ha fatto campagna elettorale nella sua città prendendosela con i turisti stranieri che molestano i cervi sacri di Nara. La sua prima sfida da premier sarà quella di cercare una continuità nei rapporti politici  con l’America di Donald Trump ma anche e soprattutto con la Corea del sud di Lee Jae-myung, con cui Ishiba aveva stabilito un’ottima relazione. Ma Takaichi ha una posizione dura sui problemi storici fra Tokyo e Seul come le cosiddette comfort women e le questioni territoriali. E’ anche una frequentatrice assidua del santuario Yasukuni, cosa che potrebbe crearle problemi con la Cina. Intanto si deve occupare degli equilibri interni: il suo Partito liberal democratico non ha la maggioranza nella Dieta, e ha bisogno di allargare la coalizione, oltre a quella con il junior partner Komeito,  per portare avanti le riforme: nelle scorse ore si parlava di un’apertura da parte del Partito democratico per il Popolo, centrista. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.