Una mattina a Roma con il ministro degli Esteri taiwanese. Parla Gasparri

Giulia Pompili

La visita di Lin Chia-lung in Italia passata in sordina per non urtare la sensibilità di Pechino. Il complicato rapporto dell’Italia con la Repubblica popolare cinese tra banditismo, ipocrisia internazionale e feste "di cortesia"

Non succedeva da decenni che un ministro taiwanese atterrasse a Roma, e prendesse parte a una cerimonia pubblica nella capitale con tanto di rappresentanti delle istituzioni italiane. È talmente pericoloso e poco usuale, che la notizia dell'arrivo a Roma del ministro degli Esteri di Taiwan Lin Chia-lung, il 18 settembre scorso, è stata tenuta pressoché blindata. Lin è venuto a inaugurare la nuova sede di rappresentanza di Taiwan in Italia, cioè i locali di viale Liegi che sono stati di recente ristrutturati. Con lui c'era lo staff della rappresentanza/ambasciata, ma pure il presidente del Gruppo parlamentare di amicizia Italia-Taiwan, il senatore Lucio Malan, il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio e il vicepresidente della Commissione Esteri della Camera Paolo Formentini. La notizia non è finita praticamente su nessun giornale o media nazionale, tenuta in sordina e rilanciata solo da pochi giornali più attenti. Strano, no? No, è una strategia voluta per minimizzare gli effetti eventuali di una rappresaglia cinese – al contrario di quanto stanno facendo per esempio Polonia e Repubblica ceca, che hanno iniziato a sfidare Pechino facendo parlare i rappresentanti del governo taiwanese pubblicamente. All'inaugurazione a Roma c'era pure il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, che Katane ha raggiunto telefonicamente.

   


Questo articolo è un estratto da Katane, la newsletter del Foglio sull'Indo-Pacifico scritta da Giulia Pompili. Esce tutte le settimane ed è gratis. Per iscriverti, il link è questo


    

  

Katane. C'è stata qualche protesta formale da parte dell'ambasciata della Repubblica popolare? Nemmeno una letterina?
Gasparri. Se le mandano le rimandiamo a quel paese. Ma sa, non c’è stato alcun colloquio col ministro, eravamo lì perché ci tenevamo.

K. Il riconoscimento della Palestina da parte di numerosi governi internazionali ha fatto emergere una discussione secondo me molto interessante su quello che – non – stiamo facendo per Taiwan, che lavora molto con le democrazie, in modo informale, proteggendo le catene di approvvigionamento globali e condividendo informazioni e tecnologie.
G. Le do una notizia: la comunità internazionale è venata di una grande ipocrisia perché la Cina è una grande dittatura comunista, ma siccome è una potenza, poi si ignora l’assenza di democrazia e la mancanza di diritti umani. Il mondo nella politica internazionale chiama realpolitik l’ipocrisia.

K. Noi pure partecipiamo all'ipocrisia.
G. Guardi, perfino i cinesi partecipano a questa ipocrisia – quando parlavo con diplomatici cinesi mi dicevano: gli affari li potete fare, l’importante è che non riconoscete Taiwan. Cioè sono gli stessi cinesi a dire: potete vendere e comprare, c’è una tolleranza cinese al business purché riconosciate che la Cina siamo solo noi.

 

 

K. È la tattica della coercizione economica.
G. Per me tutti quelli che fanno principi di concorrenza sleale nel mercato sono banditi, e non parlo solo della Cina. Poi il mondo a questi paesi non gli dice niente per pavidità e ipocrisia. Del resto, se D’Alema esporta il vino in Cina, sono un miliardo e mezzo di persone, gli basta mezzo litro a persona.

 

K. Però come la mettiamo con il vicepremier Salvini che è sempre alle feste della Repubblica popolare?
G. Vabbè, ma alle feste può andare per motivi di cortesia, io vado pure a qualche compleanno di politici che mi stanno antipatici. E poi la politica è come una famiglia, se andassimo a fondo di tutte le questioni, si sfascerebbero tutte le famiglie.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.