
Ansa
Il discorso a Valdai
Putin corteggia Trump ma accusa l'Alleanza atlantica e l'Ue
Il capo del Cremlino cerca l’assistenza del presidente americano e tira fuori la storia di Mosca nella Nato: "Eravamo pronti a un lavoro congiunto, ma i nostri colleghi occidentali non erano disposti a liberarsi dalla prigionia degli stereotipi, di una visione schematica e semplificata del mondo”
Vladimir Putin ha tenuto un discorso al forum di Valdai, un think tank opera del putinismo che ogni anno organizza incontri, discussioni e ospita i discorsi del capo del Cremlino. Putin voleva un centro studi che analizzasse le dinamiche fra la Russia e il mondo, la scena internazionale in cui Mosca si affacciava con il suo arrivo e il forum serve per questi obiettivi dal 2004. Putin dal Cremlino non se ne è mai andato e il forum di Valdai ha continuato a lavorare, anche producendo analisi per il ministero degli Esteri. A guidarlo c’è Fedor Lukjanov, giornalista, direttore della rivista Russia specializzata in geopolitica, arrivato al Valdai nel 2015. Lukjanov ha dedicato la ventiduesima edizione del forum alle istruzioni per l’uso di un “mondo policentrico” e a Putin è spettato dettare la linea, fornire il libretto di norme per la nuova realtà.
Secondo i media russi, il discorso era previsto per il primo pomeriggio, ma nessuno è rimasto sorpreso quando il capo del Cremlino si è presentato in serata, portando con sé, sul piccolo palco del Valdai, un vecchio libro, dalla copertina logora che lasciava presagire l’inizio di una lunga lezione di storia. L’incontro con il presidente russo a Valdai è una maratona: Putin parla e poi prende le domande dalla platea selezionata di funzionari stranieri che partecipano all’evento e dal conduttore Lukjanov. Il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov aveva annunciato il discorso domenica scorsa, parlando di una “grande apparizione”. Mercoledì aveva finalmente fornito la data della “grande apparizione”, descrivendo l’evento come un momento a cui tutto il mondo avrebbe prestato attenzione. C’era una cosa in particolare che destava interesse: un eventuale commento di Putin sulla decisione degli Stati Uniti di fornire all’Ucraina le informazioni di intelligence per colpire obiettivi militari in territorio russo.
Alcuni profili social, prima che il presidente iniziasse a parlare, avevano condiviso un piccolo trailer del discorso, montando insieme frasi salienti degli interventi nella stessa sede degli ultimi quattro anni. Non c’era nessuna volontà ironica in chi aveva creato il breve video, intendeva mostrare l’evoluzione dei discorsi di Putin dall’inizio dell’invasione totale dell’Ucraina. Ieri, però, sentendo parlare il capo del Cremlino si aveva l’impressione di essere stati rigettati proprio nel 2022. Putin ha parlato dei soprusi subiti dai russi in Ucraina a partire dal 2014, quando per volere dell’occidente gli ucraini sono stati armati e aizzati contro la Russia, soprattutto fomentando la parte nazista del paese. Il capo del Cremlino ha citato le persecuzioni contro i russi, verificatesi in un clima di odio creato per volontà dell’occidente (e non è mai chiaro cosa intenda il capo del Cremlino quando parla dei russi in Ucraina). “Non esiste una sola potenza che possa dare ordini a tutti”, ha detto Putin, riferendosi agli Stati Uniti, poco dopo aver tirato fuori un aneddoto che raramente entra nelle cronache del presidente russo e che invece ieri è stato il punto di partenza delle accuse alla Nato. Putin ha ricordato che Mosca ha più volte mostrato la sua disponibilità ad aderire all’Alleanza atlantica, una volta, nel 2000, fu proprio lui a parlarne con l’allora presidente Bill Clinton, che gli rispose: i tempi non sono favorevoli. “Eravamo pronti a un lavoro congiunto – ha affermato Putin – per passi non lineari nel campo della sicurezza e della stabilità globale, ma i nostri colleghi occidentali non erano disposti a liberarsi dalla prigionia degli stereotipi, di una visione schematica e semplificata del mondo”. La Russia in realtà non ha mai voluto sottoporsi alla procedura per l’ingresso nella Nato.
Putin ha accusato la Nato di aver provocato la guerra in Ucraina, l’Europa di fingere di non volere la Russia come partner mentre di fatto ne ha un disperato bisogno. Ha promesso di rispondere alla militarizzazione dei paesi europei e alla loro isteria su un conflitto imminente con Mosca (ha detto di non essere interessato ad attaccarli), si è detto addolorato per gli ucraini che soffrono proprio come i russi per le conseguenze della guerra (definita “una tragedia”), ma nella lunga lista di accuse e lamentele non ha inserito Donald Trump. Il capo del Cremlino ha ripetuto uno degli slogan del presidente americano: con lui la guerra in Ucraina non ci sarebbe stata. Ha lodato l’iniziativa del capo della Casa Bianca per risolvere il conflitto a Gaza. Putin non ha risposto a chi gli chiedeva cosa pensasse dell’espressione di Trump, che ha definito la Russia “una tigre di carta”, ma in compenso ha voluto sottolineare che Mosca lavora al ripristino delle relazioni con gli Stati Uniti. C’erano alcuni argomenti su cui Putin si era preparato più di altri ed erano proprio quelli che stanno a cuore alla presidenza americana: immigrazione e colpe della sinistra.
Il discorso è durato quasi un’ora, Putin poi è andato a sedersi accanto a Lukjanov che gli ha domandato: “Ti senti come l’imperatore Alessandro I che andò al Congresso di Vienna per negoziare un nuovo ordine mondiale?”. Putin: “Alessandro I era un imperatore, io sono un presidente eletto con un mandato prestabilito”.