La storia della nave fantasma legata al Cremlino bloccata dai francesi

Giulia Pompili

Perché la minaccia ibrida di Putin, quella più pericolosa, viene dal mare

Ieri il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha fatto l’unica cosa che puoi fare se hai una flotta di navi nascoste che fa la guerra ibrida per te: ha negato. “Non so cosa sia questo petrolio, né quale sia la sua provenienza. Non abbiamo informazioni al riguardo”. Ma ieri le autorità francesi hanno arrestato il capitano e il primo ufficiale dell’imbarcazione, sospettata di operare per la “flotta ombra” russa, dopo che nel fine settimana la Marina francese aveva abbordato la nave, che attualmente risulta ferma al largo di Saint-Nazaire, sulla costa centro-occidentale, e controllata a vista da una fregata classe Orizzonte. La petroliera è sospettata di essere la base di lancio dei droni che la scorsa settimana in Danimarca hanno sorvolato aeroporti e basi militari. 

 

La petroliera Boracay, che fino a poco tempo fa si chiamava Kiwala, poi Pushpa, battente bandiera del Benin ma in passato pure del Gabon, delle Isole Marshall e della Mongolia, è già oggetto di sanzioni da parte di Unione europea, Regno Unito, Svizzera Canada e Nuova Zelanda in quanto parte della flotta utilizzata da Mosca per aggirare le sanzioni occidentali sulle sue vendite di petrolio. Ad aprile di quest’anno era stata già fermata dalle autorità estoni perché navigava senza un valido certificato di bandiera, e forse non è un caso, ma di sicuro si tratta di un evento estremamente raro: “L’unico paese ad aver precedentemente sequestrato una petroliera della flotta ombra senza bandiera è stata l’Estonia. E si trattava della stessa petroliera”, ha sottolineato al magazine investigativo The Insider  Mark Douglas, analista della Starboard Maritime Intelligence. 

 


L’altro ieri, da Copenaghen dov’era in corso il Consiglio informale dei capi di stato e di governo dell’Unione, il presidente francese Emmanuel Macron aveva parlato di un’azione “molto prudente”, seguita ad “alcuni reati molto gravi commessi da questo equipaggio, che giustificano l’attuale procedimento giudiziario”. L’indagine è in corso, ma i sospetti sulla Boracay sono circostanziati: tra il 22 e il 28 settembre, nella settimana con più episodi di volo di droni sopra a infrastrutture strategiche europee, la petroliera è stata localizzata al largo delle coste danesi più o meno nello stesso momento in cui alcuni droni sono stati avvistati nello spazio aereo danese vicino ad alcuni siti militari causando il blocco del traffico aereo. Secondo le autorità trasportava “un grosso carico di petrolio” diretto dalla Russia all’India.

 


Secondo quanto riportato ieri dai media francesi, il capitano della nave, un cittadino cinese, sarà processato esclusivamente per aver “rifiutato di ottemperare” alle richieste delle autorità secondo il diritto internazionale marittimo, e il processo contro di lui inizierà a febbraio a Brest. Il suo secondo, un connazionale cinese, è stato rilasciato. Ieri Macron è stato più duro rispetto a qualche giorno fa: “E’ estremamente importante aumentare la pressione sulla Flotta fantasma perché riduce chiaramente la capacità della Russia di finanziare il suo sforzo bellico”, ha detto durante il vertice della Comunità politica europea, e ha annunciato che nei prossimi giorni i capi di stato maggiore europei, “in coordinamento con la Nato e nel quadro della Coalizione dei volenterosi, si incontreranno per elaborare azioni comuni nelle prossime settimane” contro la flotta ombra russa: “Abbiamo deciso di intraprendere un passo verso politiche di ostruzionismo”. 
L’indagine sulla Boracay è molto importante: da un lato, se fosse dimostrato che l’azione provocatoria dei droni provenisse dalla petroliera, la connessione diretta con le ostilità del Cremlino sarebbe di fatto dimostrata. D’altra parte, l’azione di forza francese è servita politicamente a dimostrare anche un’altra cosa, soprattutto a  Copenaghen, e cioè che il “muro anti droni” europeo su cui si discute da giorni che vorrebbe innalzare la Commissione non può essere l’unico strumento difensivo contro gli  atti ostili del Cremlino verso l’Europa. 

 


La flotta ombra della Russia finora ha solo ricevuto intimidazioni da parte dell’Alleanza atlantica, ma come riportato anche precedentemente da questo giornale, è soprattutto la capacità marittima del Cremlino, mantenuta peraltro a bassissimo costo, a operare di più nelle zone grigie della guerra ibrida. Finora le sanzioni contro le navi fantasma della Russia sono servite a poco: tra le imbarcazioni che trasportano petrolio sotto sanzioni – e che spesso hanno una funzione anche da ricognizione o da lancio di droni – ci sono quelle che hanno tranciato cavi e danneggiato infrastrutture strategiche. L’intelligence inglese sospetta che molte di esse siano equipaggiate per monitorare e mappare i fondali, e rendere più facile l’individuazione di obiettivi. Come gli omini verdi, le navi fantasma sono sacrificabili per il Cremlino, basta dire: noi non ne sappiamo nulla, come ha fatto ieri Peskov. Ma mapparle e fermarle potrebbe contribuire a limitare le capacità ibride della Russia, e forse, su questo piano, qualcosa si sta muovendo a Bruxelles. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.