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Hamas ci studia bene e ora parla lo stesso identico linguaggio dei nostri partiti
L’abbordaggio israeliano della Global Sumud Flotilla diventa per partiti e sindacati un “atto di pirateria”. Così la convergenza lessicale tra propaganda jihadista e retorica occidentale mostra la strategia del movimento islamista: in arabo esaltare la violenza, in inglese e italiano vestirsi di “diritti umani” e linguaggio woke
“Il blocco della Global Sumud Flotilla da parte di Israele è un gravissimo atto di pirateria internazionale” denuncia il Movimento 5 stelle. “Un atto di pirateria” secondo Elly Schlein. “Azioni di pirateria internazionale che si configurano come violazioni esplicite del diritto internazionale” dice l’Alleanza verdi sinistra. “Un grave atto di pirateria” anche secondo Riccardo Magi di +Europa. “Grave atto di pirateria”, il commento della Cgil. Hamas, che sa leggerci molto bene, riprende alla lettera i comunicati occidentali. L’abbordaggio della flotilla è “un crimine di pirateria” secondo i terroristi al potere a Gaza.
Hamas attacca Israele per l’operazione con cui ha intercettato e bloccato la flottiglia che voleva superare il blocco navale di Gaza e accusa Israele di “crimine di pirateria e di terrorismo marittimo contro civili”, esortando “tutti i difensori della libertà nel mondo” a criticarlo. L’intercettazione “in acque internazionali, come l’arresto di attivisti e giornalisti” che si trovavano a bordo delle imbarcazioni della flotilla “costituiscono un infido atto di aggressione”, continua la dichiarazione di Hamas, “che si aggiunge al triste record di crimini commessi” da Israele. Lo stesso comunicato dalla Turchia di Erdogan, grande sostenitore dei Fratelli musulmani e di Hamas (“da Israele atto di pirateria contro la flotilla”).
Il giurista americano Eric Posner dell’Università di Chicago ha spiegato così sul Wall Street Journal la legalità del blocco israeliano di Gaza: “L’accusa più grave è che, prendendo il controllo della flotilla, Israele abbia violato la libertà delle navi di navigare in alto mare. Ma ci sono delle eccezioni. La coalizione guidata dagli Stati Uniti impose un blocco all’Iraq durante la prima guerra del Golfo. Se Gaza fosse uno stato sovrano, allora Israele sarebbe in guerra con Gaza e il blocco sarebbe legittimo. Se Gaza fosse una parte di Israele, Israele avrebbe il diritto di controllarne i confini, ma non intercettando navi straniere al di fuori del suo mare territoriale di dodici miglia. Gaza non è uno stato sovrano e non fa parte di Israele né di alcun altro stato. Il suo status è ambiguo, così come lo è la natura del conflitto armato tra Israele e Hamas”. Ma Hamas è riuscita a trasformarsi in resistenza e a fare del blocco israeliano un atto di pirateria. Come ci sia riuscita, è chiaro.
A partire dal 2014, Hamas ha compiuto sforzi importanti per attirare a sé l’occidente usandone le parole d’ordine e le immagini. Nel 2017 ha pubblicato un documento supplementare al suo manifesto antisemita del 1988, che contiene un “linguaggio di liberazione” più politicamente corretto e meno nazista (convincendo anche un noto fisico italiano autore di libri di successo che Hamas non è antisemita).
Hamas poi ha pubblicizzato la “Grande Marcia del Ritorno”, al confine con Israele, come una “marcia per i diritti umani”, con i leader di Hamas che hanno tenuto discorsi davanti ai poster di Martin Luther King, Gandhi e Mandela, come il leader dei terroristi houthi, Abdul Malik al Houthi, accusa l’Italia di avere una “nera storia coloniale alle spalle”. Fino a Yahya Sinwar, il defunto leader di Hamas a Gaza, che in una intervista pubblicata nel 2021 da Vice puntava al sostegno occidentale, sostenendo che “lo stesso tipo di razzismo che ha ucciso George Floyd è usato da Israele contro i palestinesi”.
E così, in una strana convergenza delle lotte, si arriva allo stesso identico registro sulla flotilla da parte dei sindacati, dei partiti, delle associazioni della società civile, dei Giuristi democratici e di Hamas. Un po’ come i festeggiamenti della “vittoria” da parte dei terroristi dopo l’annuncio del riconoscimento di uno stato palestinese all’Onu la scorsa settimana, le accuse di “genocidio” a Israele e i silenzi occidentali sui palestinesi uccisi da Hamas. Tutto fa gioco.
E la propaganda gioca su due registri: in arabo, esalta lo sterminio, mentre in inglese, in italiano e in francese Hamas parla la lingua di legno woke. Per adescare quelli che George Orwell definì i cani addestrati, “quelli che fanno il salto mortale anche senza la frusta”.